11. Maria in prospettiva trinitaria
Mercoledì 10 gennaio
[46] 1. Il Capitolo VIII della Costituzione Lumen gentium indica nel mistero di Cristo il riferimento necessario e imprescindibile
della dottrina mariana. Significative sono, in proposito, le prime parole del
Proemio: «Volendo Dio misericordiosissimo e sapientissimo compiere la
redenzione del mondo, quando venne la pienezza del tempo, mandò il suo Figlio,
nato da donna... affinché ricevessimo l'adozione in figliuoli (Gal 4,4-5)».1
Questo Figlio è il Messia, atteso dal popolo dell'Antica Alleanza, mandato dal
Padre in un momento decisivo della storia, la «pienezza del tempo»
(Gal 4,4), che coincide con la sua nascita nel nostro mondo da una donna. Colei
che ha introdotto nell'umanità il Figlio eterno di Dio non potrà mai essere
separata da Colui che si trova al centro del disegno divino attuato nella storia.
Il primato di Cristo è manifestato nella Chiesa,
suo mistico Corpo: in essa infatti «i fedeli aderiscono a Cristo Capo
e sono in comunione con tutti i suoi santi».2
È Cristo che attrae a sé tutti gli uomini. Essendo, nel suo ruolo materno, intimamente
unita a suo Figlio, Maria contribuisce ad orientare verso di lui lo sguardo
e il cuore dei credenti.
Ella è la via che conduce a Cristo: infatti, Colei
che «all'annuncio dell'angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di
Dio» 3 ci mostra come accogliere nella
nostra esistenza il Figlio disceso dal cielo, educandoci a fare di Gesù il centro
e la «legge» suprema della nostra esistenza.
[47] 2. Maria ci aiuta, altresì, a scoprire, all'origine
di tutta l'opera della salvezza, l'azione sovrana del Padre che chiama gli uomini
a diventare figli nell'unico Figlio. Evocando le bellissime espressioni della
Lettera agli Efesini: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore
con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere
con Cristo» (Ef 2,4), il Concilio attribuisce a Dio il titolo di «misericordiosissimo»:
il Figlio «nato da donna» appare, così, come frutto della misericordia
del Padre, e fa capire meglio come questa Donna sia «madre di misericordia».
Nel medesimo contesto, il Concilio chiama pure
Dio «sapientissimo», suggerendo una particolare attenzione allo
stretto legame esistente fra Maria e la sapienza divina che, nel suo arcano
disegno, ha voluto la maternità della Vergine.
3. Il testo conciliare ci ricorda altresì il
singolare vincolo che unisce Maria allo Spirito Santo, con le parole del Simbolo
Niceno-costantinopolitano che recitiamo nella Liturgia eucaristica: «Egli
per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo, e si incarnò per
opera dello Spirito Santo da Maria Vergine».
Esprimendo l'immutata fede della Chiesa, il Concilio
ci ricorda che la prodigiosa incarnazione del Figlio è avvenuta nel seno della
Vergine Maria senza concorso di uomo, per opera dello Spirito Santo.
Il Proemio del capitolo VIII della Lumen gentium indica, così, nella prospettiva trinitaria una dimensione essenziale della dottrina
mariana. Tutto, infatti, viene dalla volontà del Padre, che ha inviato il Figlio
nel mondo, manifestandolo agli uomini e costituendolo Capo della Chiesa e centro
della storia. Si tratta di un disegno che si è compiuto con l'Incarnazione,
opera dello Spirito Santo, ma con il concorso essenziale di una donna, Maria
Vergine, entrata così ad essere parte integrante nella economia della comunicazione
della Trinità al genere umano.
4. La triplice relazione di Maria con le Persone
divine è ribadita con parole precise anche nella illustrazione, del tipico rapporto
che lega la Madre del Signore alla Chiesa: «È insignita del sommo officio
e di[48]gnità di Madre del Figlio di Dio, e perciò figlia prediletta del Padre e
tempio dello Spirito Santo».4
La dignità fondamentale di Maria è quella di «Madre
del Figlio», che viene espressa nella dottrina e nel culto cristiano con
il titolo di «Madre di Dio».
Si tratta di una qualifica sorprendente, che manifesta
l'umiltà del Figlio unigenito di Dio nella sua Incarnazione, e, in connessione
con questa, il sommo privilegio concesso alla creatura chiamata a generarlo
nella carne.
Madre del Figlio, Maria è «figlia prediletta
del Padre» in modo unico. A lei è concessa una somiglianza del tutto speciale
tra la sua maternità e la paternità divina.
E ancora: ogni cristiano è «Tempio dello
Spirito Santo», secondo l'espressione dell'apostolo Paolo (1Cor 6,19).
Ma questa affermazione assume un significato eccezionale in Maria: in lei, infatti,
la relazione con lo Spirito Santo si arricchisce della dimensione sponsale.
L'ho ricordato nella Enciclica Redemptoris Mater: «Lo Spirito
Santo è già sceso su di lei, che è diventata la fedele sua sposa nella annunciazione,
accogliendo il Verbo di Dio vero ...».5
5. La relazione privilegiata di Maria con la
Trinità le conferisce pertanto una dignità che supera di molto quella di tutte
le altre creature. Lo ricorda espressamente il Concilio: per questo «dono
di grazia esimia» Maria «precede di gran lunga tutte le altre creature».6
Eppure, tale dignità altissima non impedisce che Maria sia solidale con ciascuno
di noi. Prosegue infatti la Costituzione Lumen gentium: «Insieme però
è congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini bisognosi di salvezza»
ed è stata «redenta in modo sublime in considerazione dei meriti del Figlio
suo».7
Emerge qui il significato autentico dei privilegi
di Maria e dei suoi rapporti eccezionali con la Trinità: essi hanno lo scopo
di renderla ido[49]nea a cooperare alla salvezza del genere umano. La grandezza
incommensurabile della Madre del Signore rimane, pertanto, un dono dell'amore
di Dio a tutti gli uomini. Proclamandola «beata» (Lc 1,48), le generazioni
esaltano le «grandi cose» (Lc 1,49) che l'Onnipotente ha fatto in lei
per l'umanità «ricordandosi della sua misericordia (Lc 1,54)».
NOTE
1 Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione
dogmatica Lumen gentium, 52.
2 Cf. Ibidem.
3 Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione dogmatica
Lumen gentium, 53.
4 Ibidem.
5 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris
Mater, 26.
6 Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione dogmatica
Lumen gentium, 53.
7 Ibidem.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/1 (1996) p. 46-49
Copyright © Libreria Editrice Vaticana