Mercoledì 31 gennaio 1996
       [164] 1. Trattando della figura di Maria nell'Antico 
  Testamento, il Concilio1 fa riferimento al noto 
  testo di Isaia, che ha attirato in maniera particolare l'attenzione dei primi 
  cristiani: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà 
  Emmanuele» (Is 7,14).
        Nel contesto dell'annuncio dell'angelo che invita 
  Giuseppe a prendere con sé Maria, sua sposa, «perché quel che è generato 
  in lei viene dallo Spirito Santo», Matteo attribuisce un significato cristologico 
  e mariano all'oracolo. Infatti aggiunge: «Tutto questo avvenne perché 
  si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, 
  la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che 
significa Dio con noi» (Mt 1,22-23).
      2. Tale profezia nel testo ebraico non annuncia 
  esplicitamente la nascita verginale dell'Emmanuele: il vocabolo usato (almah), 
  infatti, significa semplicemente «una giovane donna», non necessariamente 
  una vergine. Inoltre, è noto che la tradizione giudaica non proponeva l'ideale 
  della verginità perpetua, né aveva mai espresso l'idea di una maternità verginale.
        Nella traduzione greca, invece, il vocabolo ebraico 
  fu reso col termine «parthenos», «vergine». In questo 
  fatto, che potrebbe apparire semplicemente una particolarità di traduzione, 
  dobbiamo riconoscere un misterioso orientamento dato dallo Spirito Santo alle 
  parole di Isaia, [165] per preparare la comprensione della nascita straordinaria del 
  Messia. La traduzione col termine «vergine» si spiega in base al 
  fatto che il testo di Isaia prepara con grande solennità l'annuncio del concepimento 
  e lo presenta come un segno divino (Is 7,10-14), suscitando l'attesa di un concepimento 
  straordinario. Orbene, che una giovane donna concepisca un figlio dopo essersi 
  unita al marito non costituisce un fatto straordinario. D'altra parte, l'oracolo 
  non accenna per niente al marito. Una simile formulazione suggeriva quindi l'interpretazione 
data poi nella versione greca.
      3. Nel contesto originale, l'oracolo di Isaia 7,14 costituiva la risposta divina a una mancanza di fede del re Achaz, il quale, 
  dinanzi alla minaccia di una invasione degli eserciti dei re vicini, cercava 
  la salvezza sua e del suo regno nella protezione dell'Assiria. Nel consigliargli 
  di riporre la fiducia soltanto in Dio, rinunciando al temibile intervento assiro, 
  il profeta Isaia lo invita da parte del Signore a un atto di fede nella potenza 
  divina: «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio...». Al rifiuto del 
  re, che preferisce cercare la salvezza nei soccorsi umani, il profeta pronuncia 
  il celebre oracolo: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare 
  la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio 
  Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà 
  e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,13-14).
        L'annuncio del segno dell'Emmanuele, «Dio-con-noi», 
  implica la promessa della presenza divina nella storia che troverà pienezza 
di significato nel mistero dell'Incarnazione del Verbo.
      4. Nell'annuncio della nascita prodigiosa dell'Emmanuele, 
  l'indicazione della donna che concepisce e partorisce mostra una certa intenzione 
  di associare la madre al destino del figlio – un principe destinato a stabilire 
  un regno ideale, il regno «messianico» – e fa intravedere un disegno 
  divino particolare, che pone in evidenza il ruolo della donna.
        Il segno, infatti, non è soltanto il bambino, ma il 
  concepimento straordinario, rivelato poi nel parto stesso, evento pieno di speranza, 
  che sottolinea il ruolo centrale della madre.
        L'oracolo dell'Emmanuele va compreso, inoltre, nella 
  prospettiva aperta dalla promessa rivolta a David, promessa che si legge nel 
  secondo Libro di Samuele. Qui il profeta Natan promette al re il favore divino 
  per il suo discendente: «Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò 
  stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà 
  figlio» (2Sam 7,13-14).
        Nei confronti della stirpe davidica, Dio vuole assumere 
  un ruolo paterno, che manifesterà il suo pieno ed autentico significato nel 
  Nuovo Testamento, con l'incarnazione del Figlio di Dio nella famiglia di Davide 
  (cf. Rm 1,3).
      5. Lo stesso profeta Isaia, in un altro testo 
  molto conosciuto, ribadisce il carattere eccezionale della nascita dell'Emmanuele. 
  Ecco le sue parole: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. 
  Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, 
  Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace» (Is 9,5). Il profeta 
  esprime così, nella serie di nomi dati al bambino, le qualità del suo compito 
  regale: sapienza, potenza, benevolenza paterna, azione pacificatrice.
        La madre qui non è più indicata, ma l'esaltazione 
  del figlio, che porta al popolo tutto ciò che può essere sperato nel regno messianico, 
  si riversa anche sulla donna che lo ha concepito e partorito.
6. Anche un famoso oracolo di Michea allude alla nascita dell'Emmanuele. Dice il profeta: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando [167] colei che deve partorire partorirà...» (Mic 5,1-2). In queste parole risuona l'attesa di un parto ricolmo di speranza messianica, nel quale si evidenzia, ancora una volta, il ruolo della madre, esplicitamente ricordata e nobilitata dal mirabile evento che reca gioia e salvezza.
      7. La maternità verginale di Maria è stata preparata 
  in un modo più generale dal favore concesso da Dio agli umili e ai poveri.2
        Questi, ponendo ogni loro fiducia nel Signore, anticipano 
  col loro atteggiamento il significato profondo della verginità di Maria, che, 
  rinunciando alla ricchezza della maternità umana, ha atteso da Dio tutta la 
  fecondità della propria vita.
        L'Antico Testamento non contiene, dunque, un annuncio 
  formale della maternità verginale, rivelata pienamente solo dal Nuovo Testamento. 
  Tuttavia l'oracolo di Isaia (Is 7,14) prepara la rivelazione di questo mistero 
  ed è stato precisato in questo senso nella traduzione greca dell'Antico Testamento. 
  Citando l'oracolo così tradotto, il Vangelo di Matteo ne proclama il perfetto 
  adempimento per mezzo del concepimento di Gesù nel grembo verginale di Maria.
NOTE
 1 Conc. Ecum. Vat. II, 
  Costituzione dogmatica Lumen gentium, 55.
  2 Cf. ibidem.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX/1 (1996) p. 164-167
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