Mercoledì 10 aprile 1996
[952] 1. L'Antico Testamento e la tradizione giudaica sono pieni di riconoscimenti
per la nobiltà morale della donna, che si manifesta soprattutto nell'atteggiamento
di fiducia verso il Signore, nella preghiera per ottenere il dono della maternità,
nella supplica a Dio per la salvezza d'Israele dagli assalti dei suoi nemici.
Talora, come nel caso di Giuditta, queste qualità vengono celebrate dall'intera
comunità, divenendo oggetto di ammirazione per tutti.
Accanto agli esempi luminosi delle eroine bibliche, non mancano le testimonianze
negative di alcune donne, quali Dalila, la seduttrice che rovina l'attività
profetica di Sansone (Gdc 16,4-21), le donne straniere che, nella vecchiaia
di Salomone, allontanano il cuore del re dal Signore e gli fanno venerare altri
dèi (1Re 11,1-8), Gezabele che stermina «tutti i profeti dei Signore» (1Re 18,13) e fa uccidere Nabot per dare la sua vigna ad Acab (1Re 2
1), la moglie di Giobbe che lo insulta nella sua sfortuna, spingendolo alla
ribellione (Gb 2,9).
In questi casi, il comportamento della donna ricorda quello di Eva.
La prospettiva predominante nella Bibbia rimane però quella ispirata
al Protovangelo che vede nella donna l'alleata di Dio.
2. Infatti, se le donne straniere sono accusate di avere allontanato Salomone
dal culto del vero Dio, nel Libro di Rut ci viene proposta invece una figura
molto nobile di donna straniera: Rut, la Moabita, esempio di pietà per
i parenti e di umiltà sincera e generosa. Condivi[953]dendo la vita e la fede
di Israele, ella diventerà la bisnonna di Davide e l'antenata del Messia.
Matteo, inserendola nella genealogia di Gesù (Mt 1,5), ne fa un segno
di universalismo e un annuncio della misericordia di Dio che si estende a tutti
gli uomini.
Tra le antenate di Gesù, il primo evangelista ricorda anche Tamar, Racab
e la moglie di Uria, tre donne peccatrici, ma non perfide, annoverate tra le
progenitrici del Messia per proclamare la bontà divina più grande
del peccato. Dio, mediante la sua grazia, fa contribuire ai suoi disegni di
salvezza la loro situazione matrimoniale irregolare, preparando anche in questo
modo il futuro.
Un altro modello di umile dedizione, diverso da quello di Rut, è rappresentato
dalla figlia di Iefte, che accetta di pagare con la propria morte la vittoria
del padre sugli Ammoniti (Gdc 11,34-40). Piangendo il suo crudele destino, non
si ribella, ma si consegna alla morte in adempimento del voto sconsiderato fatto
dal genitore nel contesto di costumi ancora primitivi (cf. Ger 7,31; Mic 6,6-8).
3. La letteratura sapienziale, anche se spesso allude ai difetti della donna,
vede in lei un tesoro nascosto: «Chi ha trovato una moglie ha trovato
una fortuna, ha ottenuto il favore del Signore» (Prv 18,22), dice il
Libro dei Proverbi esprimendo apprezzamento convinto per la figura femminile,
prezioso dono del Signore.
Alla fine dello stesso Libro, viene tracciato il ritratto della donna ideale
che, lungi dal rappresentare un modello irraggiungibile, costituisce una proposta
concreta, nata dall'esperienza di donne di grande valore: «Una donna
perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo
valore...» (Prv 31,10).
La letteratura sapienziale indica nella fedeltà della donna all'alleanza
divina il culmine delle sue possibilità e la fonte più grande
di ammirazione. Infatti, se talora può deludere, la donna supera tutte
le attese [954] quando il suo cuore è fedele a Dio: «Fallace è
la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da
lodare» (Prv 31,30).
4. In tale contesto, il Libro dei Maccabei, nella vicenda della madre dei
sette fratelli martirizzati nella persecuzione di Antioco Epifane, ci presenta
l'esempio più mirabile di nobiltà nella prova.
Dopo aver descritto la morte dei sette fratelli, l'autore sacro aggiunge: «La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché,
vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per
le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di essi nella lingua patema,
piena di nobili sentimenti, e sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio
virile», così esprimeva la sua speranza in una futura risurrezione:
«Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo
e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà
di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di
voi stessi» (2Mac 7,20-23).
La madre, esortando il settimo figlio ad accettare di essere ucciso piuttosto
che trasgredire la legge divina, esprime la sua fede nell'opera di Dio che crea
dal nulla tutte le cose: «Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e
la terra, osserva quanto vi è e sappi che Dio li ha fatti non da cose
preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano.
Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta
la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel
giorno della misericordia» (2Mac 7,28-29).
Si avvia, infine, anch'essa alla morte cruenta, dopo aver subito sette volte
il martirio del cuore, testimoniando una fede incrollabile, una speranza senza
limiti ed un coraggio eroico.
In queste figure di donna, nelle quali si manifestano le meraviglie della grazia
divina, si intravvede Colei che sarà la donna più grande: Maria,
la Madre del Signore.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/1 (1996) p. 952-954
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