Mercoledì 5 giugno 1996
[1453] 1. La dottrina della perfetta santità di Maria fin dal primo istante
del suo concepimento ha trovato qualche resistenza in Occidente, e ciò
in considerazione delle affermazioni di san Paolo sul peccato originale e sulla
universalità del peccato, riprese ed esposte con particolare vigore da
sant'Agostino.
Il grande dottore della Chiesa si rendeva senz'altro conto che la condizione
di Maria, madre di un Figlio completamente santo, esigeva una purezza totale
ed una santità straordinaria. Per questo, nella controversia con Pelagio,
ribadiva che la santità di Maria costituisce un dono eccezionale di grazia,
ed affermava in proposito: «Facciamo eccezione per la Santa Vergine Maria,
di cui, per l'onore del Signore, voglio che in nessun modo si parli quando si
tratta di peccati: non sappiamo forse perché le è stata conferita
una grazia più grande in vista di vincere completamente il peccato, lei
che ha meritato di concepire e di partorire Colui che manifestamente non ebbe
alcun peccato?».1
Agostino ribadì la perfetta santità di Maria e l'assenza in lei
di ogni peccato personale a motivo della eccelsa dignità di Madre del
Signore. Egli tuttavia non riuscì a cogliere come l'affermazione di una
totale assenza di peccato al momento della concezione potesse conciliarsi con
la dottrina dell'universalità del peccato originale e della necessità
della redenzione per tutti i discendenti di Adamo. A tale conseguenza giunse,
in seguito, l'intelligenza sempre più penetrante della fede della Chiesa,
chiarendo come Maria abbia beneficiato della grazia redentrice di Cristo fin
dal suo concepimento.
[1454] 2. Nel secolo IX venne introdotta anche in Occidente la festa della Concezione
di Maria, prima nell'Italia meridionale, a Napoli, e poi in Inghilterra.
Verso il 1128 un monaco di Canterbury, Eadmero, scrivendo il primo trattato
sull'Immacolata Concezione, lamentava che la relativa celebrazione liturgica,
gradita soprattutto a coloro «nei quali si trovava una pura semplicità
e una devozione più umile a Dio»,2
era stata accantonata o soppressa. Desiderando promuovere la restaurazione della
festa, il pio monaco respinge l'obiezione di sant'Agostino al privilegio dell'Immacolata
Concezione, fondata sulla dottrina della trasmissione del peccato originale
nella generazione umana. Egli ricorre opportunamente all'immagine della castagna
«che è concepita, nutrita e formata sotto le spine, ma che tuttavia
resta al riparo dalle loro punture».3 Anche
sotto le spine di una generazione che per sé dovrebbe trasmettere il
peccato originale, argomenta Eadmero, Maria è rimasta al riparo da ogni
macchia, per esplicito volere di Dio che «l'ha potuto, manifestamente,
e l'ha voluto. Se dunque l'ha voluto, lo ha fatto».4
Nonostante Eadmero, i grandi teologi del XIII secolo fecero ancora proprie le
difficoltà di sant'Agostino, così argomentando: la redenzione
operata da Cristo non sarebbe universale se la condizione di peccato non fosse
comune a tutti gli esseri umani. E Maria, se non avesse contratto la colpa originale,
non avrebbe potuto essere riscattata. La redenzione consiste in effetti nel
liberare chi si trova nello stato di peccato.
3. Duns Scoto, al seguito di alcuni teologi del XII secolo, offrì la
chiave per superare queste obiezioni circa la dottrina dell'Immacolata Concezione
di Maria. Egli sostenne che Cristo, il mediatore perfetto, ha esercitato proprio
in Maria l'atto di mediazione più eccelso, preservandola dal peccato
originale.
In tal modo egli introdusse nella teologia il concetto di redenzione preservatrice,
secondo cui Maria è stata redenta in modo ancor più [1455] mirabile:
non per via di liberazione dal peccato, ma per via di preservazione dal peccato.
L'intuizione del beato Duns Scoto, chiamato in seguito il «Dottore dell'Immacolata»,
ottenne, sin dall'inizio del XIV secolo, una buona accoglienza da parte dei
teologi, soprattutto francescani. Dopo l'approvazione da parte di Sisto IV,
nel 1477, della Messa della Concezione, tale dottrina fu sempre più accettata
nelle scuole teologiche.
Tale provvidenziale sviluppo della liturgia e della dottrina preparò
la definizione del privilegio mariano da parte del Supremo Magistero. Questa
avvenne solo dopo molti secoli, sotto la spinta di una intuizione di fede fondamentale:
la Madre di Cristo doveva essere perfettamente santa sin dall'origine della
sua vita.
4. A nessuno sfugge come l'affermazione dell'eccezionale privilegio concesso
a Maria pone in evidenza che l'azione redentrice di Cristo non solo libera,
ma anche preserva dal peccato. Tale dimensione di preservazione, che è
totale in Maria, è presente nell'intervento redentivo attraverso il quale
Cristo, liberando dal peccato, dona all'uomo anche la grazia e la forza per
vincerne l'influsso nella sua esistenza.
In tal modo il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria non offusca, ma anzi
contribuisce mirabilmente a mettere meglio in luce gli effetti della grazia
redentiva di Cristo nella natura umana.
A Maria, prima redenta da Cristo, che ha avuto il privilegio di non essere sottoposta
neppure per un istante al potere del male e del peccato, guardano i cristiani,
come al perfetto modello ed all'icona di quella santità,5
che sono chiamati a raggiungere, con l'aiuto della grazia del Signore, nella
loro vita
NOTE
1 Sant'Agostino, De
natura et gratia, 42.
2 Eadmero di Canterbury, Tract. de conc. B.M.V.,
1-2.
3 Ibidem, 10.
4 Ibidem.
5 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione dogmatica
Lumen gentium, 65.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/1 (1996) p. 1453-1455
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