26. La verginità di Maria, verità di fede

Mercoledì 10 luglio

      [75] 1. La Chiesa ha costantemente ritenuto la verginità di Maria una verità di fede, accogliendo ed approfondendo la testimonianza dei Vangeli di Luca, di Matteo e, probabilmente, anche di Giovanni.
      Nell'episodio dell'Annunciazione, l'evangelista Luca chiama Maria «vergine», riferendo sia della sua intenzione di perseverare nella verginità come del disegno divino che concilia tale proposito con la sua prodigiosa maternità. L'affermazione del concepimento verginale, dovuto all'azione dello Spirito Santo, esclude ogni ipotesi di partenogenesi naturale e rigetta i tentativi di spiegare il racconto lucano come esplicitazione di un tema giudaico o come derivazione di una leggenda mitologica pagana.
      La struttura del testo lucano (cf. Lc 1,26-38; 2,19.51) resiste ad ogni interpretazione riduttiva. La sua coerenza non permette di sostenere validamente mutilazioni dei termini o delle espressioni che affermano il concepimento verginale operato dallo Spirito Santo.

      2. L'evangelista Matteo, riferendo l'annuncio dell'angelo a Giuseppe, afferma al pari di Luca il concepimento operato «dallo Spirito Santo» (Mt 1,20) con esclusione di relazioni coniugali.
      La generazione verginale di Gesù, inoltre, è comunicata a Giuseppe in un secondo momento: non si tratta per lui di un invito a dare un assenso previo al concepimento del Figlio di Maria, frutto dell'intervento soprannaturale dello Spirito Santo e della cooperazione della sola [76] madre. Egli è soltanto chiamato ad accettare liberamente il suo ruolo di sposo della Vergine e la missione paterna nei riguardi del bambino.
      Matteo presenta l'origine verginale di Gesù come compimento della profezia di Isaia: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,23; cf: Is 7,14). In tal modo Matteo porta a concludere che il concepimento verginale è stato oggetto di riflessione nella prima comunità cristiana, che ne ha compreso la conformità al disegno divino di salvezza e il nesso con l'identità di Gesù, «Dio con noi».

      3. A differenza di Luca e di Matteo, il Vangelo di Marco non parla del concepimento e della nascita di Gesù; tuttavia, è degno di nota che Marco non menzioni mai Giuseppe, sposo di Maria. Gesù è chiamato «il figlio di Maria» dalla gente di Nazaret oppure, in altro contesto, «il Figlio di Dio» a più riprese (Mt 3,11; 5,7; cf. 1,1.11; 9,7; 14,61-62; 15,39). Questi dati sono in armonia con la fede nel mistero della sua generazione verginale.
      Tale verità, secondo una recente riscoperta esegetica, sarebbe esplicitamente contenuta anche nel versetto 13 del Prologo del Vangelo di Giovanni, che alcune autorevoli voci antiche (ad esempio, Ireneo e Tertulliano) presentano, non nella usuale forma plurale, ma al singolare: «Lui, che non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio fu generato».
      Questa versione al singolare farebbe del Prologo giovanneo una delle maggiori attestazioni della generazione verginale di Gesù, inserita nel contesto del mistero dell'Incarnazione.
      L'affermazione paradossale di Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5), apre la via all'interrogativo circa la personalità di tale Figlio e quindi circa la sua nascita verginale.
      Questa uniforme testimonianza dei Vangeli attesta come la fede nel concepimento verginale di Gesù sia saldamente radicata in diversi ambienti della Chiesa primitiva. E ciò destituisce di ogni fondamento alcune interpretazioni recenti, che intendono il concepimento verginale in [77] senso non fisico o biologico, ma soltanto simbolico o metaforico: esso designerebbe Gesù come dono di Dio all'umanità. La stessa cosa va detta per l'opinione avanzata da altri, secondo i quali il racconto del concepimento verginale sarebbe invece un theologoumenon, cioè un modo di esprimere una dottrina teologica, quella della filiazione divina di Gesù, o sarebbe una sua rappresentazione mitologica.
      Come abbiamo visto, i Vangeli contengono l'esplicita affermazione di un concepimento verginale di ordine biologico, operato dallo Spirito Santo, e tale verità è stata fatta propria dalla Chiesa fin dalle prime formulazioni della fede.1

      4. La fede espressa nei Vangeli viene confermata, senza interruzioni, nella tradizione successiva. Le formule di fede dei primi autori cristiani postulano l'asserzione della nascita verginale: Aristide, Giustino, Ireneo, Tertulliano convengono con sant'Ignazio d'Antiochia, che proclama Gesù «veramente nato da una vergine».2
      Questi autori intendono parlare di una reale e storica generazione verginale di Gesù, e sono lontani dall'affermare una verginità solo morale o un vago dono di grazia, manifestatosi nella nascita del bambino.
      Le solenni definizioni di fede dei Concili ecumenici e del Magistero Pontificio, che fanno seguito alle prime brevi formule di fede, sono in perfetta consonanza con tale verità. Il Concilio di Calcedonia (451), nella sua professione di fede, accuratamente redatta e dal contenuto infallibilmente definito, afferma che Cristo è stato «generato ... secondo l'umanità, negli ultimi giorni, per noi e per la nostra salvezza, da Maria Vergine, Madre di Dio».3 Allo stesso modo il III Concilio di Costantinopoli (681) proclama che Gesù Cristo è stato «generato ... secondo l'umanità, dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, colei che è propriamente e in tutta verità Madre di Dio».4 Altri Concili ecumenici (Costantinopolitano II, Lateranense IV e Lionese II) dichiarano Ma[78]ria «sempre vergine», sottolineandone la verginità perpetua.5 Tali affermazioni sono state riprese dal Concilio Vaticano II, evidenziando il fatto che Maria «per la sua fede e la sua obbedienza ... generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza conoscere uomo, ma sotto l'ombra dello Spirito Santo».6
      Alle definizioni conciliari vanno poi aggiunte quelle del Magistero Pontificio, relative all'immacolata concezione della «Beatissima Vergine Maria»7 e all'Assunzione della «Immacolata Madre di Dio sempre Vergine».8

      5. Anche se le definizioni del Magistero, ad eccezione del Concilio Lateranense del 649, voluto da Papa Martino I, non precisano il senso dell'appellativo «vergine», è chiaro che tale termine viene usato nel suo senso abituale: l'astensione volontaria dagli atti sessuali e la preservazione dell'integrità corporale. In ogni caso l'integrità fisica è ritenuta essenziale alla verità di fede del concepimento verginale di Gesù.9
      La designazione di Maria come «Santa, sempre Vergine, Immacolata» suscita l'attenzione sul legame fra santità e verginità. Maria ha voluto una vita verginale, perché animata dal desiderio di dare tutto il suo cuore a Dio.
      L'espressione usata nella definizione dell'Assunzione, «l'Immacolata Madre di Dio sempre vergine» suggerisce anche la connessione fra la verginità e la maternità di Maria: due prerogative miracolosamente unite nella generazione di Gesù, vero Dio e vero uomo. Così la verginità di Maria è intimamente legata alla sua divina maternità e perfetta santità.

 

NOTE

1 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 496.
2 Sant'Ignazio di Antiochia, Smirn. 1,2.
3 Denz.-Schön., 301.
4 Denz.-Schön., 555.
5 Denz.-Schön., 423, 801, 852, 842.
6 Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 63.
7 Denz.-Schön., 2803.
8 Denz.-Schön., 3903.
9 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 496.

 

Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/2 (1996) p. 75-78

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