Mercoledì 5 marzo 1997
[383] 1. Nel narrare la presenza di Maria nella vita pubblica di Gesù, il
Concilio Vaticano II ne ricorda la partecipazione a Cana in occasione del primo
miracolo: «Alle nozze in Cana di Galilea, mossa a compassione, indusse
con la sua intercessione Gesù Messia a dare inizio ai miracoli (cf. Gv
2,1-11)».1
Sulla scia dell'evangelista Giovanni, il Concilio fa notare il ruolo discreto
e, al tempo stesso efficace della Madre, che con la sua parola induce il Figlio
al «primo segno».
Ella, pur esercitando un influsso discreto e materno, con la sua presenza risulta,
alla fine, determinante.
L'iniziativa della Vergine appare ancora più sorprendente, se si considera
la condizione d'inferiorità della donna nella società giudaica.
A Cana, infatti, Gesù non solo riconosce la dignità ed il ruolo
del genio femminile, ma, accogliendo l'intervento di sua Madre, le offre la
possibilità di essere partecipe all'opera messianica. Non contrasta con
questa intenzione di Gesù l'appellativo «Donna», col quale
Egli si rivolge a Maria (cf. Gv 2,4). Esso, infatti, non contiene in sé
alcuna connotazione negativa e sarà nuovamente usato da Gesù nei
confronti della Madre ai piedi della Croce (cf. Gv 19,26). Secondo alcuni interpreti,
questo titolo «Donna» presenta Maria come la nuova Eva, madre nella
fede di tutti i credenti.
[384] Il Concilio, nel testo citato, usa l'espressione: «mossa a compassione»,
lasciando intendere che Maria era ispirata dal suo cuore misericordioso. Avendo
intravisto l'eventualità del disappunto degli sposi e degli invitati
per la mancanza di vino, la Vergine compassionevole suggerisce a Gesù
di intervenire col suo potere messianico.
A taluni la domanda di Maria appare sproporzionata, perché subordina
ad un atto di pietà l'inizio dei miracoli del Messia. Alla difficoltà
ha risposto Gesù stesso che, con il suo assenso alla sollecitazione materna,
mostra la sovrabbondanza con cui il Signore risponde alle umane attese, manifestando
anche quanto possa l'amore di una madre.
2. L'espressione «dare inizio ai miracoli», che il Concilio ha
ripreso dal testo di Giovanni, attira la nostra attenzione. Il termine greco
arché, tradotto con inizio, principio, è usato da Giovanni nel
Prologo del suo Vangelo: «In principio era il Verbo» (Gv 1,1). Questa
significativa coincidenza induce a stabilire un parallelo tra la prima origine
della gloria di Cristo nell'eternità e la prima manifestazione della
stessa gloria nella sua missione terrena.
Sottolineando l'iniziativa di Maria nel primo miracolo e ricordando poi la sua
presenza sul Calvario, ai piedi della Croce, l'evangelista aiuta a comprendere
come la cooperazione di Maria si estenda a tutta l'opera di Cristo. La richiesta
della Vergine si colloca all'interno del disegno divino di salvezza.
Nel primo segno operato da Gesù i Padri della Chiesa hanno intravisto
una forte dimensione simbolica, cogliendo, nella trasformazione dell'acqua in
vino, l'annunzio del passaggio dall'antica alla nuova Alleanza. A Cana, proprio
l'acqua delle giare, destinata alla purificazione dei Giudei e all'adempimento
delle prescrizioni legali (cf. Mc 7,1-15), diventa il vino nuovo del banchetto
nuziale, simbolo dell'unione definitiva fra Dio e l'umanità.
3. Il contesto di un banchetto di nozze, scelto da Gesù per il suo
primo miracolo, rimanda al simbolismo matrimoniale, frequente nel[385]l'Antico Testamento
per indicare l'Alleanza tra Dio e il suo popolo (cf. Os 2,21; Ger 2,1-8; Sal
44; ecc.) e nel Nuovo Testamento per significare l'unione di Cristo con la Chiesa
(cf. Gv 3,28-30; Ef 5,25-32; Ap 21,1-2; ecc.).
La presenza di Gesù a Cana manifesta inoltre il progetto salvifico di
Dio riguardo al matrimonio. In tale prospettiva, la carenza di vino può
essere interpretata come allusiva alla mancanza d'amore, che purtroppo non raramente
minaccia l'unione sponsale. Maria chiede a Gesù d'intervenire in favore
di tutti gli sposi, che solo un amore fondato in Dio può liberare dai
pericoli dell'infedeltà, dell'incomprensione e delle divisioni. La grazia
del Sacramento offre agli sposi questa forza superiore d'amore, che può
corroborare l'impegno della fedeltà anche nelle circostanze difficili.
Secondo l'interpretazione degli autori cristiani, il miracolo di Cana racchiude,
inoltre, un profondo significato eucaristico. Compiendolo in prossimità
della solennità della Pasqua giudaica (cf. Gv 2,13), Gesù manifesta,
come nella moltiplicazione dei pani (cf. Gv 6,4), l'intenzione di preparare
il vero banchetto pasquale, l'Eucaristia.
Tale desiderio, alle nozze di Cana, sembra sottolineato ulteriormente dalla
presenza del vino, che allude al sangue della Nuova Alleanza, e dal contesto
di un banchetto.
In tal modo Maria, dopo essere stata all'origine della presenza di Gesù
alla festa, ottiene il miracolo del vino nuovo, che prefigura l'Eucaristia,
segno supremo della presenza del suo Figlio risorto tra i discepoli.
4. Alla fine del racconto del primo miracolo di Gesù, reso possibile
dalla fede salda della Madre del Signore nel suo divin Figlio, l'evangelista
Giovanni conclude: «I suoi discepoli credettero in Lui» (Gv 2,11).
A Cana Maria inizia il cammino della fede della Chiesa, precedendo i discepoli
ed orientando a Cristo l'attenzione dei servi.
La sua perseverante intercessione incoraggia, altresì, coloro che vengono
talora a trovarsi dinanzi all'esperienza del «silenzio di Dio».
Essi sono invitati a sperare oltre ogni speranza, confidando sempre nella bontà
del Signore.
NOTE
1 Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 58.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX/1 (1997) p. 383-385
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