Lettera apostolica
SALVIFICI DOLORIS
del Sommo Pontefice

GIOVANNI PAOLO II

ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose
ed ai fedeli della Chiesa Cattolica
sul senso cristiano della sofferenza umana

11 febbraio 1984

 

Venerati Fratelli nell'episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo! [...]

[Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 (1984) p. 347-352. Cf. AAS 76 (1984) p. 235-241]

      [347] 25. I testimoni della Croce e della risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all'umanità uno specifico Vangelo della sofferenza. Il Redentore stesso ha scritto questo Vangelo dapprima con la propria [348] sofferenza assunta per amore, affinché l'uomo «non muoia, ma abbia la vita eterna».80 Questa sofferenza, insieme con la viva parola del suo insegnamento, è diventata una fonte abbondante per tutti coloro che hanno preso parte alle sofferenze di Gesù nella prima generazione dei suoi discepoli e confessori, e poi in quelle che si sono succedute nel corso dei secoli.
      È, innanzitutto, consolante — come è evangelicamente e storicamente esatto — notare che a fianco di Cristo, in primissima e ben rilevata posizione accanto a lui, c'è sempre la sua Madre santissima per la testimonianza esemplare, che con l'intera sua vita rende a questo particolare Vangelo della sofferenza. In lei le numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che se furono prova della sua fede incrollabile, furono altresì un contributo alla redenzione di tutti. In realtà, fin dall'arcano colloquio avuto con l'angelo, Ella intravide nella sua missione di madre la «destinazione» a condividere in maniera unica ed irripetibile la missione stessa del Figlio. E la conferma in proposito le venne assai presto sia dagli eventi che accompagnarono la nascita di Gesù a Betlemme, sia dall'annuncio formale del vecchio Simeone che parlò di una spada tanto acuta da trapassarle l'anima, sia dalle ansie e ristrettezze della fuga precipitosa in Egitto, provocata dalla crudele decisione di Erode.
      Ed ancora, dopo le vicende della vita nascosta e pubblica del suo Figlio, da lei indubbiamente condivise con acuta sensibilità, fu sul Calvario che la sofferenza di Maria Santissima, accanto a quella di Gesù, raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile nella sua altezza dal punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente fecondo ai fini dell'universale salvezza. Quel suo ascendere al Calvario, quel suo «stare» ai piedi della Croce insieme col discepolo prediletto furono una partecipazione del tutto speciale alla morte redentrice del Figlio, come del resto le parole, che poté raccogliere dal suo labbro, furono quasi la solenne consegna di questo tipico Vangelo da annunciare all'intera comunità dei credenti.
      Testimone della passione del Figlio con la sua presenza, e di essa partecipe con la sua compassione, Maria Santissima offrì un singolare apporto al Vangelo della sofferenza, avverando in anticipo l'espressione paolina, riportata all'inizio. In effetti, Ella ha titoli specialissimi per poter asserire di «completare nella sua carne — come già nel suo cuore — quello che manca ai patimenti di Cristo».
      
Nella luce dell'inarrivabile esempio di Cristo, riflesso con singolare evidenza nella vita della Madre sua, il Vangelo della sofferenza, mediante l'esperienza e la parola degli Apostoli, diventa fonte inesauribile per le [349] generazioni sempre nuove che si avvicendano nella storia della Chiesa. Il Vangelo della sofferenza significa non solo la presenza della sofferenza nel Vangelo, come uno dei temi della Buona Novella, ma la rivelazione, altresì, della forza salvifica e del significato salvifico della sofferenza nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e nella vocazione della Chiesa.
      
Cristo non nascondeva ai propri ascoltatori la necessità della sofferenza. Molto chiaramente diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, ... prenda la sua croce ogni giorno»,81 ed ai suoi discepoli poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione è possibile solo a condizione di «rinnegare se stessi».82 La via che porta al Regno dei cieli è «stretta ed angusta», e Cristo la contrappone alla via «larga e spaziosa», che peraltro «conduce alla perdizione».83 Diverse volte Cristo diceva anche che i suoi discepoli e confessori avrebbero incontrato molteplici persecuzioni, ciò che — come si sa — è avvenuto non solo nei primi secoli della vita della Chiesa sotto l'impero romano, ma si è avverato e si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della terra, anche ai nostri tempi.
     
Ecco alcune frasi di Cristo su questo tema: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di rendere testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa: io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime».84
     
Il Vangelo della sofferenza parla prima in diversi punti della sofferenza «per Cristo», «a causa di Cristo», e ciò fa con le parole stesse di Gesù, oppure con le parole dei suoi Apostoli. Il Maestro non nasconde ai suoi discepoli e seguaci la prospettiva di una tale sofferenza, anzi la rivela con tutta franchezza, indicando contemporaneamente le forze soprannaturali, che li accompagneranno in mezzo alle persecuzioni e tribolazioni «per il suo nome». Queste saranno insieme quasi una speciale verifica della somiglianza a Cristo e dell'unione con lui. «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me ...; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia ... [350] Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi... Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».85 «Vi ho dette queste cose, perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!».86
      
Questo primo capitolo del Vangelo della sofferenza, che parla delle persecuzioni, cioè delle tribolazioni a motivo di Cristo, contiene in sé una speciale chiamata al coraggio ed alla fortezza, sostenuta dall'eloquenza della risurrezione. Cristo ha vinto il mondo definitivamente con la sua risurrezione; tuttavia, grazie al rapporto di essa con la passione e la morte, ha vinto al tempo stesso questo mondo con la sua sofferenza. Si, la sofferenza è stata in modo singolare inserita in quella vittoria sul mondo, che si è manifestata nella risurrezione. Cristo conserva nel suo corpo risorto i segni delle ferite della Croce sulle sue mani, sui piedi e nel costato. Mediante la risurrezione egli manifesta la forza vittoriosa della sofferenza, e vuole infondere la convinzione di questa forza nel cuore di coloro che ha scelto come suoi Apostoli e di coloro che continuamente sceglie ed invia. L'apostolo Paolo dirà: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati».87

      26. Se il primo grande capitolo del Vangelo della sofferenza viene scritto, lungo le generazioni, da coloro che soffrono persecuzioni per Cristo, di pari passo si svolge lungo la storia un altro grande capitolo di questo Vangelo. Lo scrivono tutti coloro che soffrono insieme con Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua sofferenza salvifica. In essi si compie ciò che i primi testimoni della passione e della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la partecipazione alle sofferenze di Cristo. In essi quindi si compie il Vangelo della sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo modo a scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al proprio ambiente ed agli uomini contemporanei.
      
Attraverso i secoli e le generazioni è stato costatato che nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l'uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d'Assisi, Sant'Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l'uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita e della propria vocazione. Questa [351] scoperta è una particolare conferma della grandezza spirituale che nell'uomo supera il corpo in modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali.
      
Questa interiore maturità e grandezza spirituale nella sofferenza certamente sono frutto di una particolare conversione e cooperazione con la Grazia del Redentore crocifisso. È lui stesso ad agire nel vivo delle umane sofferenze per mezzo del suo Spirito di verità, per mezzo dello Spirito Consolatore. È lui a trasformare, in un certo senso, la sostanza stessa della vita spirituale, indicando all'uomo sofferente un posto vicino a sé. È lui — come Maestro e Guida interiore — ad insegnare al fratello e alla sorella sofferenti questo mirabile scambio, posto nel cuore stesso del mistero della redenzione. La sofferenza è, in se stessa, un provare il male. Ma Cristo ne ha fatto la più solida base del bene definitivo, cioè del bene della salvezza eterna. Con la sua sofferenza sulla Croce Cristo ha raggiunto le radici stesse del male: del peccato e della morte. Egli ha vinto l'artefice del male, che è Satana, e la sua permanente ribellione contro il Creatore. Davanti al fratello o alla sorella sofferenti Cristo dischiude e dispiega gradualmente gli orizzonti del Regno di Dio: di un mondo convertito al Creatore, di un mondo liberato dal peccato, che si sta edificando sulla potenza salvifica dell'amore. E, lentamente ma efficacemente, Cristo introduce in questo mondo, in questo Regno del Padre l'uomo sofferente, in un certo senso attraverso il cuore stesso della sua sofferenza. La sofferenza, infatti, non può essere trasformata e mutata con una grazia dall'esterno, ma dall'interno. E Cristo mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto mai dentro ad ogni sofferenza umana, e può agire dall'interno di essa con la potenza del suo Spirito di verità, del suo Spirito Consolatore.
      
Non basta: il divin Redentore vuole penetrare nell'animo di ogni sofferente attraverso il cuore della sua Madre santissima, primizia e vertice di tutti i redenti. Quasi a continuazione di quella maternità, che per opera dello Spirito Santo gli aveva dato la vita, Cristo morente conferì alla sempre Vergine Maria una maternità nuova — spirituale e universale — verso tutti gli uomini, affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme con lei strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo, potenza di Dio.
      
Non sempre, però, un tale processo interiore si svolge in modo uguale. Spesso inizia e si instaura con difficoltà. Già il punto stesso di partenza è diverso: diversa è la disposizione, che l'uomo porta nella sua [352] sofferenza. Si può, tuttavia, premettere che quasi sempre ciascuno entra nella sofferenza con una protesta tipicamente umana e con la domanda del suo «perché». Ciascuno si chiede il senso della sofferenza e cerca una risposta a questa domanda al suo livello umano. Certamente pone più volte questa domanda anche a Dio, come la pone a Cristo. Inoltre, egli non può non notare che colui, al quale pone la sua domanda, soffre lui stesso e vuole rispondergli dalla Croce, dal centro della sua propria sofferenza. Tuttavia, a volte c'è bisogno di tempo, persino di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad essere internamente percepibile. Cristo, infatti, non risponde direttamente e non risponde in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza. L'uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso diventa partecipe delle sofferenze di Cristo.
      
La risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo la strada dell'incontro interiore col Maestro, è a sua volta qualcosa di più della sola risposta astratta all'interrogativo sul senso della sofferenza. Questa è, infatti, soprattutto una chiamata. È una vocazione. Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice: «Seguimi!». Vieni! prendi parte con la tua sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza. L'uomo non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza di Cristo. Al tempo stesso, però, da questo livello di Cristo, quel senso salvifico della sofferenza scende a livello dell'uomo e diventa, in qualche modo, la sua risposta personale. E allora l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale. [...]

 

[Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 (1984) p. 358-359. Cf. AAS 76 (1984) p. 248-250]

CONCLUSIONE

      [358] 31. Questo è il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza. È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione.
      
La sofferenza certamente appartiene al mistero dell'uomo. Forse essa non è avvolta quanto lui da questo mistero, che è particolarmente impenetrabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso questa verità che «in realtà, solamente nel mistero del Verbo Incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Infatti..., Cristo che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».100 Se queste parole si riferiscono a tutto ciò che riguarda il mistero dell'uomo, allora certamente si riferiscono in modo particolarissimo all'umana sofferenza. Proprio in questo punto lo «svelare l'uomo all'uomo e fargli nota la sua altissima vocazione» è particolarmente indispensabile. Succede anche — come prova l'esperienza — che ciò sia particolarmente drammatico. Quando però si compie fino in fondo e diventa luce della vita umana, ciò è anche particolarmente beato. «Per Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolore e della morte».101
      
Chiudiamo le presenti considerazioni sulla sofferenza nell'anno nel quale la Chiesa vive il giubileo straordinario, collegato all'anniversario della redenzione.
     
Il mistero della redenzione del mondo è in modo sorprendente radicato nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo e più sicuro punto di riferimento.
      
Desideriamo vivere quest'Anno della Redenzione in speciale unione con tutti coloro che soffrono. Occorre, pertanto, che sotto la Croce del Calvario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo [359] e, particolarmente, coloro che soffrono a causa della loro fede in lui Crocifisso e Risorto, affinché l'offerta delle loro sofferenze affretti il compimento della preghiera dello stesso Salvatore per l'unità di tutti.102 Là pure convengano gli uomini di buona volontà, perché sulla Croce sta il «Redentore dell'uomo», l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi.
     
Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce,103 ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi.
     
Invochiamo tutti i Santi, che durante i secoli furono in special modo partecipi delle sofferenze di Cristo. Chiediamo loro di sostenerci.
     
E chiediamo a voi tutti, che soffrite, di sostenerci. Proprio a voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l'umanità. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo!
     
A tutti, Fratelli e Sorelle carissimi, invio la mia Apostolica Benedizione.

      Dato a Roma, presso San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, l'11 febbraio dell'anno 1984, sesto di Pontificato.

  GIOVANNI PAOLO II

 


NOTE

80 Gv 3,16.
81 Lc 9,23.
82 Cf. Lc 9,23.
83 Cf. Mt 7,13-14.
84 Lc 21,12-19.
85 Gv 15,18-21.
86 Gv 16,33.
87 2Tm 3,12.

101 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.
102 Cf. Gv 17,11.21-22.
103 Cf. Gv 19, 25.


Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 (1984) p. 322-359. Cf. AAS 76 (1984) p. 201-250.

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