Venerati
Fratelli nell'episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo! [...]
[Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 (1984) p. 347-352. Cf. AAS
76 (1984) p. 235-241]
[347] 25.
I testimoni della Croce e della risurrezione di Cristo hanno trasmesso
alla Chiesa e all'umanità uno specifico Vangelo della sofferenza.
Il Redentore stesso ha scritto questo Vangelo dapprima con la propria
[348] sofferenza assunta per amore, affinché l'uomo «non muoia,
ma abbia la vita eterna».80
Questa sofferenza, insieme con la viva parola del suo insegnamento,
è diventata una fonte abbondante per tutti coloro che hanno preso
parte alle sofferenze di Gesù nella prima generazione dei suoi
discepoli e confessori, e poi in quelle che si sono succedute nel corso
dei secoli.
È,
innanzitutto, consolante come è evangelicamente e storicamente
esatto notare che a fianco di Cristo, in primissima e ben rilevata
posizione accanto a lui, c'è sempre la sua Madre santissima per
la testimonianza esemplare, che con l'intera sua vita rende a
questo particolare Vangelo della sofferenza. In lei le numerose ed intense
sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione,
che se furono prova della sua fede incrollabile, furono altresì
un contributo alla redenzione di tutti. In realtà, fin dall'arcano
colloquio avuto con l'angelo, Ella intravide nella sua missione di madre
la «destinazione» a condividere in maniera unica ed irripetibile
la missione stessa del Figlio. E la conferma in proposito le venne assai
presto sia dagli eventi che accompagnarono la nascita di Gesù
a Betlemme, sia dall'annuncio formale del vecchio Simeone che parlò
di una spada tanto acuta da trapassarle l'anima, sia dalle ansie e ristrettezze
della fuga precipitosa in Egitto, provocata dalla crudele decisione
di Erode.
Ed
ancora, dopo le vicende della vita nascosta e pubblica del suo Figlio,
da lei indubbiamente condivise con acuta sensibilità, fu sul
Calvario che la sofferenza di Maria Santissima, accanto a quella di
Gesù, raggiunse un vertice già difficilmente immaginabile
nella sua altezza dal punto di vista umano, ma certo misterioso e soprannaturalmente
fecondo ai fini dell'universale salvezza. Quel suo ascendere al Calvario,
quel suo «stare» ai piedi della Croce insieme col discepolo
prediletto furono una partecipazione del tutto speciale alla morte redentrice
del Figlio, come del resto le parole, che poté raccogliere dal
suo labbro, furono quasi la solenne consegna di questo tipico Vangelo
da annunciare all'intera comunità dei credenti.
Testimone
della passione del Figlio con la sua presenza, e di essa partecipe
con la sua compassione, Maria Santissima offrì un singolare
apporto al Vangelo della sofferenza, avverando in anticipo l'espressione
paolina, riportata all'inizio. In effetti, Ella ha titoli specialissimi
per poter asserire di «completare nella sua carne come già
nel suo cuore quello che manca ai patimenti di Cristo».
Nella
luce dell'inarrivabile esempio di Cristo, riflesso con singolare evidenza
nella vita della Madre sua, il Vangelo della sofferenza, mediante l'esperienza
e la parola degli Apostoli, diventa fonte inesauribile per le [349] generazioni
sempre nuove che si avvicendano nella storia della Chiesa. Il Vangelo
della sofferenza significa non solo la presenza della sofferenza nel
Vangelo, come uno dei temi della Buona Novella, ma la rivelazione, altresì,
della forza salvifica e del significato salvifico della sofferenza
nella missione messianica di Cristo e, in seguito, nella missione e
nella vocazione della Chiesa.
Cristo
non nascondeva ai propri ascoltatori la necessità della
sofferenza. Molto chiaramente diceva: «Se qualcuno vuol venire
dietro a me, ... prenda la sua croce ogni giorno»,81
ed ai suoi discepoli poneva esigenze di natura morale, la cui realizzazione
è possibile solo a condizione di «rinnegare se stessi».82
La via che porta al Regno dei cieli è «stretta ed angusta»,
e Cristo la contrappone alla via «larga e spaziosa», che peraltro
«conduce alla perdizione».83
Diverse volte Cristo diceva anche che i suoi discepoli e confessori
avrebbero incontrato molteplici persecuzioni, ciò che
come si sa è avvenuto non solo nei primi secoli
della vita della Chiesa sotto l'impero romano, ma si è avverato
e si avvera in diversi periodi della storia e in differenti luoghi della
terra, anche ai nostri tempi.
Ecco
alcune frasi di Cristo su questo tema: «Metteranno le mani su di
voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo
vi darà occasione di rendere testimonianza. Mettetevi
bene in mente di non preparare prima la vostra difesa: io vi darò
lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere,
né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli,
dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete
odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello
del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete
le vostre anime».84
Il
Vangelo della sofferenza parla prima in diversi punti della sofferenza
«per Cristo», «a causa di Cristo», e ciò
fa con le parole stesse di Gesù, oppure con le parole dei suoi
Apostoli. Il Maestro non nasconde ai suoi discepoli e seguaci la prospettiva
di una tale sofferenza, anzi la rivela con tutta franchezza, indicando
contemporaneamente le forze soprannaturali, che li accompagneranno in
mezzo alle persecuzioni e tribolazioni «per il suo nome».
Queste saranno insieme quasi una speciale verifica della somiglianza
a Cristo e dell'unione con lui. «Se il mondo vi odia, sappiate
che prima di voi ha odiato me ...; poiché invece non siete del
mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia ...
[350] Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato
me, perseguiteranno anche voi... Ma tutto questo vi faranno a causa
del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».85
«Vi ho dette queste cose, perché abbiate pace in me. Voi
avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!».86
Questo
primo capitolo del Vangelo della sofferenza, che parla delle persecuzioni,
cioè delle tribolazioni a motivo di Cristo, contiene in sé
una speciale chiamata al coraggio ed alla fortezza, sostenuta
dall'eloquenza della risurrezione. Cristo ha vinto il mondo definitivamente
con la sua risurrezione; tuttavia, grazie al rapporto di essa con la
passione e la morte, ha vinto al tempo stesso questo mondo con la sua
sofferenza. Si, la sofferenza è stata in modo singolare inserita
in quella vittoria sul mondo, che si è manifestata nella risurrezione.
Cristo conserva nel suo corpo risorto i segni delle ferite della Croce
sulle sue mani, sui piedi e nel costato. Mediante la risurrezione egli
manifesta la forza vittoriosa della sofferenza, e vuole infondere
la convinzione di questa forza nel cuore di coloro che ha scelto come
suoi Apostoli e di coloro che continuamente sceglie ed invia. L'apostolo
Paolo dirà: «Tutti quelli che vogliono vivere piamente in
Cristo Gesù saranno perseguitati».87
26.
Se il primo grande capitolo del Vangelo della sofferenza viene scritto,
lungo le generazioni, da coloro che soffrono persecuzioni per Cristo,
di pari passo si svolge lungo la storia un altro grande capitolo di
questo Vangelo. Lo scrivono tutti coloro che soffrono insieme con
Cristo, unendo le proprie sofferenze umane alla sua sofferenza salvifica.
In essi si compie ciò che i primi testimoni della passione e
della risurrezione hanno detto ed hanno scritto circa la partecipazione
alle sofferenze di Cristo. In essi quindi si compie il Vangelo della
sofferenza e, al tempo stesso, ognuno di essi continua in un certo modo
a scriverlo: lo scrive e lo proclama al mondo, lo annuncia al proprio
ambiente ed agli uomini contemporanei.
Attraverso
i secoli e le generazioni è stato costatato che nella sofferenza
si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente
l'uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro
profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d'Assisi,
Sant'Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è
solo il fatto che l'uomo scopre il senso salvifico della sofferenza,
ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo.
Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita e
della propria vocazione. Questa [351] scoperta è una particolare
conferma della grandezza spirituale che nell'uomo supera il corpo in
modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è
profondamente malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace
di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l'interiore
maturità e grandezza spirituale, costituendo una
commovente lezione per gli uomini sani e normali.
Questa
interiore maturità e grandezza spirituale nella sofferenza certamente
sono frutto di una particolare conversione e cooperazione
con la Grazia del Redentore crocifisso. È lui stesso ad agire nel vivo
delle umane sofferenze per mezzo del suo Spirito di verità, per
mezzo dello Spirito Consolatore. È lui a trasformare, in un certo senso,
la sostanza stessa della vita spirituale, indicando all'uomo sofferente
un posto vicino a sé. È lui come Maestro e Guida interiore
ad insegnare al fratello e alla sorella sofferenti questo
mirabile scambio, posto nel cuore stesso del mistero della redenzione.
La sofferenza è, in se stessa, un provare il male. Ma Cristo
ne ha fatto la più solida base del bene definitivo, cioè
del bene della salvezza eterna. Con la sua sofferenza sulla Croce Cristo
ha raggiunto le radici stesse del male: del peccato e della morte. Egli
ha vinto l'artefice del male, che è Satana, e la sua permanente
ribellione contro il Creatore. Davanti al fratello o alla sorella sofferenti
Cristo dischiude e dispiega gradualmente gli orizzonti del
Regno di Dio: di un mondo convertito al Creatore, di un mondo liberato
dal peccato, che si sta edificando sulla potenza salvifica dell'amore.
E, lentamente ma efficacemente, Cristo introduce in questo mondo, in
questo Regno del Padre l'uomo sofferente, in un certo senso attraverso
il cuore stesso della sua sofferenza. La sofferenza, infatti, non può
essere trasformata e mutata con una grazia dall'esterno, ma dall'interno.
E Cristo mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto
mai dentro ad ogni sofferenza umana, e può agire dall'interno
di essa con la potenza del suo Spirito di verità, del suo Spirito
Consolatore.
Non
basta: il divin Redentore vuole penetrare nell'animo di ogni sofferente
attraverso il cuore della sua Madre santissima, primizia e vertice di
tutti i redenti. Quasi a continuazione di quella maternità, che
per opera dello Spirito Santo gli aveva dato la vita, Cristo morente
conferì alla sempre Vergine Maria una maternità nuova
spirituale e universale verso tutti gli uomini, affinché
ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme con lei
strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di questa Croce,
ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo, potenza
di Dio.
Non
sempre, però, un tale processo interiore si svolge in modo uguale.
Spesso inizia e si instaura con difficoltà. Già il punto
stesso di partenza è diverso: diversa è la disposizione,
che l'uomo porta nella sua [352] sofferenza. Si può, tuttavia, premettere
che quasi sempre ciascuno entra nella sofferenza con una protesta tipicamente
umana e con la domanda del suo «perché». Ciascuno
si chiede il senso della sofferenza e cerca una risposta a questa domanda
al suo livello umano. Certamente pone più volte questa domanda
anche a Dio, come la pone a Cristo. Inoltre, egli non può non
notare che colui, al quale pone la sua domanda, soffre lui stesso e
vuole rispondergli dalla Croce, dal centro della sua propria
sofferenza. Tuttavia, a volte c'è bisogno di tempo, persino
di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad essere internamente
percepibile. Cristo, infatti, non risponde direttamente e non risponde
in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza.
L'uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso diventa
partecipe delle sofferenze di Cristo.
La
risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo la strada dell'incontro
interiore col Maestro, è a sua volta qualcosa di più
della sola risposta astratta all'interrogativo sul senso della sofferenza.
Questa è, infatti, soprattutto una chiamata. È una vocazione.
Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima
di tutto dice: «Seguimi!». Vieni! prendi parte con la tua
sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo
della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man mano che l'uomo
prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce di Cristo,
si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza. L'uomo
non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza
di Cristo. Al tempo stesso, però, da questo livello di Cristo,
quel senso salvifico della sofferenza scende a livello dell'uomo
e diventa, in qualche modo, la sua risposta personale. E allora
l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia
spirituale. [...]
[Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/1 (1984) p. 358-359. Cf. AAS
76 (1984) p. 248-250]
CONCLUSIONE
[358] 31.
Questo è il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della
sofferenza. È soprannaturale, perché si radica nel mistero
divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente
umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria
umanità, la propria dignità, la propria missione.
La
sofferenza certamente appartiene al mistero dell'uomo. Forse essa non
è avvolta quanto lui da questo mistero, che è particolarmente
impenetrabile. Il Concilio Vaticano II ha espresso questa verità
che «in realtà, solamente nel mistero del Verbo Incarnato
trova vera luce il mistero dell'uomo. Infatti..., Cristo che
è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del
suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli
fa nota la sua altissima vocazione».100
Se queste parole si riferiscono a tutto ciò che riguarda il mistero
dell'uomo, allora certamente si riferiscono in modo particolarissimo
all'umana sofferenza. Proprio in questo punto lo «svelare
l'uomo all'uomo e fargli nota la sua altissima vocazione» è
particolarmente indispensabile. Succede anche come prova
l'esperienza che ciò sia particolarmente drammatico.
Quando però si compie fino in fondo e diventa luce della
vita umana, ciò è anche particolarmente beato. «Per
Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolore e della morte».101
Chiudiamo
le presenti considerazioni sulla sofferenza nell'anno nel quale la Chiesa
vive il giubileo straordinario, collegato all'anniversario della redenzione.
Il
mistero della redenzione del mondo è in modo sorprendente radicato
nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo
e più sicuro punto di riferimento.
Desideriamo
vivere quest'Anno della Redenzione in speciale unione con tutti coloro
che soffrono. Occorre, pertanto, che sotto la Croce del Calvario idealmente
convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo [359] e, particolarmente,
coloro che soffrono a causa della loro fede in lui Crocifisso e Risorto,
affinché l'offerta delle loro sofferenze affretti il compimento
della preghiera dello stesso Salvatore per l'unità di tutti.102
Là pure convengano gli uomini di buona volontà, perché
sulla Croce sta il «Redentore dell'uomo», l'Uomo dei dolori,
che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini
di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare
il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro
interrogativi.
Insieme
con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce,103
ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi.
Invochiamo
tutti i Santi, che durante i secoli furono in special modo partecipi
delle sofferenze di Cristo. Chiediamo loro di sostenerci.
E
chiediamo a voi tutti, che soffrite, di sostenerci. Proprio a
voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza
per la Chiesa e per l'umanità. Nel terribile combattimento
tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro
mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce
di Cristo!
A
tutti, Fratelli e Sorelle carissimi, invio la mia Apostolica Benedizione.
Dato
a Roma, presso San Pietro, nella memoria liturgica della Beata Maria
Vergine di Lourdes, l'11 febbraio dell'anno 1984, sesto di Pontificato.
GIOVANNI
PAOLO II
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