Legenda de origine Ordinis
dei Servi di Maria

Edizione in Rete
a cura di Ermanno M. Toniolo

Traduzione: Dino Pieraccioni
Note: Ermanno M. Toniolo

Centro di Cultura Mariana «Madre della Chiesa»
Via del Corso, 306 - 00186 Roma
E-mail: centro@culturamariana.com
2002

A lode della Vergine Maria [Madre] di Cristo Gesù

Introduzione alla “Legenda” del beato Filippo dei Servi della beata Vergine Maria 1

1

      Rendiamo lode a quegli uomini gloriosi2 che, ispirati dal Signore, come nostri Padri, ci generarono spiritualmente nell'Ordine con le loro santissime parole ed esempi. Prendendosi cura della nostra vita, ci procurarono quegli alimenti spirituali, con i quali avremmo dovuto sufficientemente nutrirci; dandoci poi la cognizione, l'insegnamento e la scienza, ci mostrarono la via più sicura per cui possiamo giungere alla vita beata.
      Essi infatti, nel nostro Ordine, si offrirono a Dio, umili di cuore in tutti i loro pensieri parole e opere,3 e scegliendo la via della verità vissero infaticabili secondo i suoi precetti.
      Dedicando inoltre volontariamente al Signore tutta la loro vita, resero lo stesso nostro Ordine, ai loro tempi, accetto a Dio e alla beata Vergine Maria, e con le loro preghiere meritarono di ottenere dal Signore che dopo di loro e per il futuro l'Ordine possa conservarsi secondo la volontà di Dio con la presenza di religiosi perfetti.
      Che poi questi uomini gloriosi, nostri Padri, siano stati accetti al Signore e alla beata Vergine Maria per le loro opere, e che sia stato con molta benignità gradito il loro volenteroso servizio, non solo ne siamo sicuri per il fatto che il Signore illustrò la loro vita, mentre erano ancora in terra, con molte virtù e miracoli e perché dimostrò al momento del loro transito con molti segni e prodigi che le loro anime gli erano carissime, ma anche perché rinnovando, dopo la loro morte, per i loro meriti, i segni e i prodigi, comprovò con certezza che gli stessi nostri Padri sono nella gloria e per sempre presso di lui.

2

      Noi dunque, guardando alle parole e agli esempi con i quali questi nostri Padri ci hanno spiritualmente generati, e conoscendo la loro vita con cui resero accetti al Signore se stessi e l'Ordine nostro, conformiamoci filialmente al loro esempio nelle parole e nelle azioni, in modo che sia a tutti evidente che essi han lasciato figli simili a loro.
      Sarà allora manifesto che, seguendo il loro esempio, noi abbiamo conservato l'umiltà di cuore in tutte le nostre azioni, e scegliendo la via della verità, siamo vissuti sempre secondo i suoi precetti, e consacrando poi liberamente la nostra vita al Signore, abbiamo resi nel nostro tempo accetti a Dio e alla nostra Signora noi stessi e l'Ordine nostro, e con l'essere assidui nella preghiera abbiamo ottenuto spiritualmente dal Signore che l'Ordine si conservasse sempre nel futuro.
      E così, come essi han lasciato modelli di vita a noi che veniamo dopo di loro, anche noi, lasciando simili esempi a quelli che verranno dopo di noi nel nostro Ordine, potremo spingerli in tal modo a fare altrettanto verso i loro successori e questi agli altri e così di seguito.
      Se poi quel che abbiamo detto verrà compiuto da noi e anche da tutti i frati che si succederanno l'uno all'altro nell'Ordine, ne risulterà un gran bene per l'Ordine stesso: ne verrà infatti una grande gioia per la Signora nostra, che si consolerà in modo mirabile in noi suoi Servi,4 mentre così la onoreremo col nostro servizio da mostrare a tutti che essa è degna d'ogni riverenza. Anzi da ciò anche lo stesso nostro Signore verrà indotto ad arricchire sempre il nostro Ordine con doni e grazie spirituali e a mostrare a tutti quanto esso gli sia accetto.
      Oltre a ciò, quelli che dal mondo verranno a questo nostro Ordine come alla sesta città di rifugio,5 ritrovando sempre nei frati che ad esso appartengono tali parole e modelli di vita, saranno in quest'Ordine trattenuti dalla dolcezza del loro esempio e dal loro insegnamento, sicché mai oseranno né tenteranno di separarsi, né con il corpo né con l'anima, da questa città di rifugio, se non quando, alla fine della vita, la loro anima, morta al mondo e al peccato, con lo stesso sommo pontefice Cristo invitata alla vita che non ha fine per mezzo della morte corporale, sarà restituita pienamente alla libertà.

3

      Perché poi, venendo a mancare coloro che, vivendo insieme con i detti beati uomini, conobbero le loro parole, opere e virtù, non si cancelli dalla memoria dei frati del nostro Ordine il loro ricordo, quando, venuti meno i sopraddetti frati, non ci sarà più chi con certezza sappia e possa narrare qualche cosa della loro vita, sebbene mi riconosca inadatto e indegno a quest'opera e solo confidando nella loro protezione e nell'aiuto del Signore, ho sentito il dovere di ricercare con tutte le mie forze ciò che riguarda la loro dolcissima vita e, secondo la mia modesta perizia, di metterlo in scritto e manifestarlo a quanti vogliono progredire nella perfezione, lasciando un perenne ricordo di essi a tutti quelli che verranno dopo di noi: in modo che i frati del nostro Ordine possano trovare nell'Ordine stesso la vita di coloro che personalmente non hanno potuto conoscere, e in essa come in purissimo specchio riguardando le fattezze della loro anima, mantengano e conservino quello che vedranno di bello e cerchino con le lacrime di penitenza di togliere subito quel che vi appaia difettoso.
      Questo ho fatto per la venerazione e il profondo amore che ho e sento il dovere di avere verso di loro, come uno che ha esperimentato in se stesso non piccoli vantaggi da ciascuno di essi e anche per la grande utilità che ne avrà il mio Ordine e per tutti i frati dell'Ordine stesso che so desiderare avidamente queste notizie; infine, perché con questo io possa raggiungere e ottenere dal Signore, per i loro meriti e la loro intercessione, la grazia e la gloria per l'anima mia.

4

      C'è anche una ragione particolare che mi ha mosso a prendermi quest'impegno, sebbene conosca la mia pochezza e la mia indegnità: dovendosi infatti quest'anno trasferire da un luogo a un altro il corpo di uno dei detti nostri Padri6 ed essendo io intervenuto, per divina clemenza e per quanto immeritevole, a tale traslazione, durante il suo svolgimento e alla mia presenza, Dio rinnovò per i meriti del suo Santo molti miracoli, come in seguito si narrerà.
      Vedendo perciò con i miei occhi tutte queste cose, proposi fermamente in cuor mio di ricercare notizie sulla sua vita e i suoi miracoli e di scriverne per lasciare ai frati, come ho detto, il ricordo di un tanto uomo. Temerei infatti di essere ragionevolmente tacciato di ingratitudine se, dopo aver ricevuto da lui una grazia speciale e aver visto con i miei occhi tanti miracoli, mi fossi rifiutato di farlo, secondo le mie forze, tanto più che il beato Gregorio afferma: «Le forze che l'imperizia nega, [le dona l'amore]».7
      Sebbene infatti molti uomini gloriosi degni di lode, che tennero nell'Ordine le funzioni di padri spirituali, abbiano preceduto quelli che desidero proporre ad esempio, e molti altri li abbiano seguiti, questi tuttavia debbono a preferenza degli altri essere additati come modelli ai frati dell'Ordine nostro, perché più degli altri rifulsero nel nostro Ordine per virtù parole e opere.
      Primo fra tutti il beato Filippo dev'essere ragionevolmente preposto agli altri e presentato come modello dell'Ordine. Egli infatti, adempiendo di tutto cuore i doveri essenziali dell'Ordine, compì nel nostro Ordine così fedelmente e perfettamente il suo servizio verso la nostra Signora, che il suo esempio ci spinge a frenare l'ardore della carne, se consideriamo la sua castità; a ritenere come sterco tutte le ricchezze del mondo, mentre riflettiamo sulla sua povertà; e infine a sottomettere al Signore il nostro spirito, osservando la sua obbedienza.

5

      Al fine di conoscere poi più completamente e con maggior certezza la vita di questo Beato come era desiderio mio e dei frati, in quello stesso anno mi recai in tutti i luoghi del nostro Ordine dove potei andare, in quei luoghi dove avevo saputo che sopravviveva qualche frate che lo aveva conosciuto finché era in vita e che con lui si era intrattenuto dimorando insieme in qualche convento, oppure accompagnandolo di luogo in luogo nei suoi viaggi. Parlando adunque con loro della sua vita morte e miracoli più completamente che potei, raccolsi a viva voce da uomini degni di fede quelle poche cose che ancora erano rimaste nella loro memoria; dico, poche cose, in paragone di quanto egli aveva operato in virtù e miracoli durante la sua vita.
      La ragione per la quale trovai poco fu che dalla morte di lui al tempo in cui cominciai le ricerche eran trascorsi più di trentadue anni e perciò potei rintracciare pochissimi che eran vissuti al suo tempo e ancor sopravvivevano, sebbene tra questi abbia potuto trovare uomini molto degni di fede per la loro specchiatissima e santa vita, dai quali seppi la verità relativamente a tutto quello che potei trovare sulla vita del Santo, e ho constatato che in questo concordavano anche gli altri. A causa però della già accennata lunghezza del tempo trascorso anche i pochi sopra menzionati ricordavano allora poche cose della vita e miracoli di lui.
      C'è anche un'altra ragione speciale: seppi infatti che questo Beato volutamente e in modo tanto incredibile nascondeva i suoi miracoli virtù e opere, che non li rendeva mai noti ai fratelli se non molto raramente e solo quando non poteva fare altrimenti. Molto pochi eran perciò i fatti che venivano a conoscenza dei frati.
      Raccogliendo pertanto queste poche cose, come ho detto, quali frammenti lasciati nella memoria dei detti frati, li ho ordinati e adattati, come ho saputo e potuto, ai propri luoghi particolari, qualche volta conservando l'ordine e qualche altra volta mutandolo secondo la necessità.

6

      Al fine poi di scrivere più perfettamente che potessi la vita del Beato Filippo e per informarmi più completamente non solo della vita che condusse nell'Ordine, ma anche della sua famiglia e della vita che condusse nel mondo, recandomi alla città, contrada e casa nella quale nacque e fu educato fino al suo ingresso nell'Ordine, trovai ancora in vita un certo suo nipote che toccava quasi già l'ottantesimo anno, chiamato fra Forte. E trovai parimenti nella sua contrada un venerabile vecchio, chiamato Fecino, il quale come il ricordato nipote, era uomo di santa vita e di buona reputazione e sebbene toccasse quasi i cent'anni, conservava ancor integri i sensi e la memoria e aveva sempre abitato presso la casa di Filippo nella detta contrada, e lì aveva la casa propria. Seppi dunque da loro con ordine la verità intorno a molte cose relative alla famiglia del Beato e alla vita che condusse nel mondo.
      Perché poi la sua vita possa essere conosciuta in modo abbastanza ampio da quanti lo desiderano e perché quanti su di essa vogliono spiritualmente perfezionarsi possano speditamente trovare quello che desiderano, l'ho ordinata in quindici capitoli.8

Capitolo Primo
Della gloria e della dignità del nostro Ordine

7

      La beata Vergine Maria, madre del Signor nostro Gesù Cristo, è il rifugio generale di tutti i peccatori: sappiamo infatti con certezza che essa ottiene loro dal Figlio quella misericordia per la quale a lei ricorrono. È detta madre universale di tutti i giusti, perché ad essi procura la grazia, per la quale l'amano di vero cuore. È riconosciuta comune Signora di tutti coloro che servono Cristo in ogni Ordine religioso, in quanto ad essi prepara la gloria, per la quale confidano in lei. Ella è però rifugio speciale, madre singolare e Signora particolare di tutti i religiosi — peccatori, giusti e servi a lei sempre fedeli — che sono nell'Ordine a lei singolarmente dedicato e perciò giustamente distinto col suo nome.
      Infatti, tutti i frati degli altri Ordini — peccatori, giusti e servi di Cristo — sebbene all'occasione invochino la nostra Signora come generale rifugio, madre universale e comune Signora (essa infatti risponde a tutti coloro che la invocano impetrando da Dio misericordia ai peccatori, grazia ai giusti e gloria ai servi del Figlio suo), hanno però come fondatore del loro istituto qualche santo particolare, come risulta a chi esamini i singoli Ordini, e a lui si rivolgono come a speciale rifugio, padre particolare e proprio signore, quando per mezzo suo vogliono impetrare da Dio qualche favore per se stessi o per il loro Ordine.
      Invece i frati dell'Ordine particolarmente consacrato alla nostra Signora e con ragione perciò distinto col suo nome, all'infuori della stessa nostra Signora, al cui servizio sono singolarmente dedicati, non hanno avuto alcun santo a fondatore del loro Ordine, al quale, come a speciale rifugio, a padre singolare e proprio signore possano e debbano ricorrere quando vogliono per sua intercessione impetrare qualche favore per sé o per l'Ordine.
      Perciò, come tutti in tempo di bisogno invocano la nostra Signora — i peccatori quale rifugio generale, i giusti quale madre universale, quelli che la servono con costanza e fedeltà quale comune Signora (giacchè a loro come a tutti gli altri risponde ottenendo da Dio misericordia, grazia e gloria) —, così essi, quando per se stessi o per l'Ordine vogliono impetrare qualche favore, a lei si rivolgono come a rifugio speciale, madre singolare e propria Signora.
      E se hanno il beato Filippo e moltissimi altri gloriosi loro Padri, che li hanno preceduti nell'Ordine e furono illustri per molte virtù meriti e miracoli, ai quali potrebbero rivolgersi per impetrare qualche favore per sé o per l'Ordine, nessuno di essi però ha dato origine all'Ordine di nostra Signora, né tra loro vi è alcun santo così particolare di detto Ordine, che sia comune a tutti i frati che si sono succeduti e si succederanno da principio fino alla fine. Infatti, ognuno dei suddetti nostri Padri, glorificati per i loro meriti con miracoli evidenti, fu preceduto nell'Ordine da molti altri frati, dei quali alcuni erano peccatori, altri giusti, altri poi, per conseguire la perfezione, servi fedeli della nostra Signora: bisognosi quindi di misericordia, di grazia e di gloria. Perciò a nessuno di costoro i detti precedenti frati potevano rivolgersi.
      Da ciò è chiaro che i frati dell'Ordine di nostra Signora nessuno ebbero quale santo proprio e particolare all'infuori di lei stessa; infatti non ebbero nessuno quale fondatore del loro Ordine, né che sia stato comune a tutti i frati di esso.

8

       Come risulta da ciò che è stato detto, la nostra Signora non ha voluto dare un qualche particolare santo fondatore ai frati del suo Ordine, perché si comprenda che essa (quale rifugio universale e madre di tutti e Signora comune) ottiene dal suo Figlio a tutti i frati del suo Ordine misericordia, grazia e gloria; ed essi perciò debbono rivolgersi a lei, come a speciale rifugio, madre singolare e propria Signora, quando vogliono ottenere qualche grazia per sé o per 1'Ordine.
      Da ciò è chiaro quanto sia grande la gloria dei frati che appartengono all'Ordine di nostra Signora, i quali sanno che essa è non solo generale avvocata del loro Ordine, ma anche vedono che ha di loro e dell'Ordine una cura speciale.
      Per questo i frati del suo Ordine sono obbligati più di tutti i frati degli altri Ordini a mantenersi santi dinanzi a lei e a esercitarsi più degli altri in opere di perfezione; e vedendosi consacrati al servizio di tanta Signora che si degna di aver cura speciale di loro, più di tutti sono obbligati a mantenere la purità del cuore.
      Si confondano perciò e arrossiscano quei frati che, appartenendo a tanto Ordine di nostra Signora, non si vergognano ma si adoperano a macchiare il proprio spirito e a impedire che gli altri vivano senza colpa. Subito però, arrossendo, si rivolgano a lei, perché indignata contro di loro (e ne ha il motivo) non li tolga immediatamente di mezzo e, secondo i loro meriti, li abbandoni alla pena del fuoco eterno.
      Si rallegrino invece e gioiscano i frati che, vivendo nel detto Ordine, conservano immacolato il loro spirito e cercano di far sì che anche gli altri vivano senza colpa. Con gioia perseverino nell'opera incominciata, giacché, come i cattivi, che nel detto Ordine rimangono nella loro malizia, più degli altri e doppiamente saranno puniti, così i buoni, che perseverano nella loro purezza di cuore, si sa che saranno più degli altri premiati.

Capitolo Secondo
Come il nostro Ordine ebbe inizio nello stesso tempo in cui nacque il beato Filippo

9

      Quando venne il tempo nel quale la beata Vergine Maria si compiacque di radunare, separandoli dal mondo, i primi frati del suo Ordine che stava per sorgere e che doveva essere a lei singolarmente consacrato, dandogli in tal modo principio, in quello stesso tempo in cui adunando insieme questi frati diede inizio al suo Ordine, provvedendo al medesimo per il futuro, volle far sorgere un luminare risplendente di luce celeste, il beato Filippo, che nacque dove era nato l'Ordine.
      E poiché in seguito il detto Ordine, allora iniziato, sarebbe tanto cresciuto per la moltitudine dei frati da non potersi conservare unito se non mediante la luce e la dottrina celeste, perciò, quando giunse il beato Filippo all'età perfetta e alla piena santità, sì da poter essere messo sul candelabro dell'Ordine quale vera lucerna ardente che illuminasse con luce di cielo tutti quelli che in esso avrebbe trovato e quelli che vi sarebbero venuti dopo (insegnando con la dottrina e con l'esempio come degnamente dovevano servire la nostra Signora e per questo esser da lei premiati), entrando allora nell'Ordine, lo rischiarò con la sua presenza, in modo tale che tutti i frati, che vi erano, illuminati dalla sua luce e dalla sua dottrina, avrebbero potuto poi degnamente servire la loro Signora secondo tutto lo spirito dell'Ordine.9

10

      In quel tempo il nostro Signor Gesù Cristo aveva già spiritualmente illuminato il mondo con la presenza di due luminari: il beato Domenico e il beato Francesco; ed essi con la luce della loro vita e della loro dottrina avevano istituito due Ordini religiosi, intitolati dal loro nome, dai quali tutto il mondo doveva essere guidato mediante la vita e la scienza dei frati che vi appartengono.
      Questi uomini, terminata la propria missione con la morte corporale, il beato Domenico l'anno del Signore 1221 e il beato Francesco l'anno del Signore 1226, erano passati dalla morte corporale alla vita beata, e gli Ordini da loro istituiti erano già talmente accetti dinanzi a Dio per le loro virtù, che i loro frati con la predicazione della verità e con l'esempio della vita avevano incominciato ad estirpar le eresie che sorgevano a turbare la pace della Chiesa. Tra essi principiava già a manifestarsi al mondo il beato Pietro martire, quale fortissimo atleta di Cristo e principale estirpartore delle eresie.
      In quel tempo lo stesso nostro Signore aveva decretato di suscitare una casa e un Ordine a onore della Madre sua la Vergine Maria, da consacrarsi al nome di lei; e perciò perché i frati del detto Ordine imparassero insieme come degnamente servire alla loro Signora, volle presentare ad essi la lucerna del beato Filippo che fosse loro modello di un degno servizio.

11

      L'anno dunque 1233 dalla nascita di nostro Signore, al tempo del papa Gregorio IX, nella provincia toscana e nella città di Firenze, nacque il detto beato Filippo. Nello stesso anno della sua nascita, nella medesima provincia e città, volle la nostra Signora che avesse principio il suo Ordine, che a lei doveva essere in particolar modo consacrato e che da lei stessa doveva prendere il nome.
      O dolcissima Signora, che cosa fai? I1 tuo futuro servo fai somigliante al tuo Figlio. Certo con questo dimostri quanto sarebbe stato grande e quanto degnamente ti avrebbe servito. Come infatti il tuo Figlio, nascendo da te dalla stirpe d'Israele e dal popolo ebraico, nello stesso tempo della sua nascita subito radunò attorno a sé le genti e i vicini invitando i pastori dalla Giudea e i magi dall'Oriente e tutti questi, come fosse giunto all'età perfetta, doveva ammaestrare e redimere e successivamente, dopo la sua passione e morte, doveva lasciar loro la dottrina e gli esempi secondo i quali avrebbero dovuto vivere; così attorno al tuo servo il beato Filippo, nato nella provincia toscana e nella città di Firenze, subito principiasti a radunare le genti e i vicini della stessa provincia e città: gli iniziatori del tuo Ordine. Tutti questi poi il beato Filippo, giunto all'età perfetta, splendente della sapienza del Figlio tuo, avrebbe ammaestrati e governati fino alla sua morte, e poi, dopo la sua morte, con la dottrina e con l'esempio li avrebbe istruiti sul modo di servirti degnamente.
      Ma, o mia Signora, beata Vergine Maria, a chi è da attribuirsi il merito di tanta somiglianza tra il tuo servo carissimo beato Filippo e il tuo dolcissimo Figlio Gesù Cristo? Stupisco infatti, vedendo il tuo servo assomigliare al tuo Figlio e non riesco a indovinar la ragione di tanta somiglianza. Potrà forse attribuirsi a merito del tuo servo che era appena nato o a merito del tuo Ordine che solo allora aveva avuto principio?
      Ma se non cesso di ammirare questo fatto stupendo e non posso trovarne la ragione, oso tuttavia osservare con riverenza verso di te, dolcissima Signora e madre mia, come questo tu lo abbia voluto a dimostrazione del futuro merito e della dignità del tuo servo il beato Filippo, e del tuo Ordine, che doveva esserti particolarmente consacrato, e a dimostrazione inoltre di quanto essi, arricchiti di virtù e doni celesti dinanzi a te, fossero degnissimi di onore. Ciò è però principalmente da attribuirsi alla tua pietà e alla tua misericordia, per cui ti piacque, senza alcun loro merito, onorare il tuo servo e l'Ordine che a te doveva essere consacrato di una tanta somiglianza col tuo Figlio nascente.

12

      Che poi il beato Filippo sia nato nello stesso tempo e anno in cui ebbe principio l'Ordine di nostra Signora, l'ho dedotto dal fatto che egli morì nell'anno del Signore 1285, secondo del pontificato del papa Onorio IV, e da ciò che lui stesso disse incidentalmente a fra Bonaventura da Pistoia nel convento di Orvieto, poco tempo prima della sua morte, che cioè aveva 52 anni. Ora, se l'accennato tempo di vita, cioè 52 anni, si sottrae dall'anno sopraddetto, cioè dall'anno 1285, che era l'anno della sua morte, non c'è dubbio che rimane il 1233 dalla Natività del Signore, l'anno nel quale egli venne al mondo. Ma questo era l'anno, come già ho detto, in cui ebbe inizio l'Ordine della beata Maria Vergine.
      Che poi in questo tempo abbia avuto origine l'Ordine di nostra Signora l'ho saputo così. Mi disse fra Alessio, uno dei sette frati che dettero primamente inizio all'Ordine nostro (conversando con lui, per parecchi anni prima della sua morte, venni a conoscenza di molte cose intorno all'origine dell'Ordine), che quest'Ordine ebbe inizio sei anni interi prima dell'eclisse totale di sole che interessò l'Italia. Ora si sa che tale famoso eclisse avvenne l'anno del Signore 1239, decimoterzo del pontificato del papa Gregorio IX. Se dunque l'Ordine di nostra Signora principiò sei anni interi prima dell'eclisse che avvenne nel 1239, sottraendo dal detto tempo sei anni, è chiaro che rimangono gli anni del Signore 1233, anno nel quale, abbiamo già detto, ebbe principio l'Ordine di nostra Signora.
      Ma questo fu anche il tempo nel quale nacque il beato Filippo: è perciò dimostrato quanto sopra ho affermato, che cioè il servo di nostra Signora nacque l'anno stesso in cui ebbe origine l'Ordine della stessa Signora.

13

      Come poi ebbe inizio l'Ordine di nostra Signora, come prosperò e si accrebbe fino al tempo in cui il beato Filippo fu posto sul suo candelabro, come seppi per relazione di molti frati, lo stesso Filippo, mentre era ancora in vita, lo aveva ampiamente descritto di sua mano in un libretto che s'intitola: “Dell'origine dell'Ordine”.
      Questo libretto, che molti nostri frati asseriscono di aver visto e letto, l'ho ricercato con gran desiderio per molto tempo, ma non l'ho potuto ancora trovare: ultimamente ho saputo da un frate che per lungo tempo lo ebbe in suo possesso, ma che in seguito a particolari circostanze successivamente lo smarrì.

14

      Sebbene i primi frati, per mezzo dei quali la nostra Signora volle che avesse principio il suo Ordine, e quelli che furono nell'Ordine dopo di loro per la maggior parte siano morti, e sebbene i frati abbiano smarrito, sembra per negligenza, il ricordato libretto del beato Filippo sull'origine dell'Ordine (per questo non mi è possibile esporre ampiamente per iscritto, secondo il gran desiderio mio e di tutti i frati, come ebbe principio l'Ordine nostro e a quale prosperità fosse giunto al tempo del beato Filippo), tuttavia, dato che la vita del beato Filippo, che ho preso a scrivere con ogni impegno a suo onore e per l'utilità dei frati presuppone in qualche modo la narrazione del come ebbe origine l'Ordine e a quale sviluppo e a quale prosperità fosse giunto al tempo in cui egli ne fu messo a capo, cercherò di narrare brevemente tutto questo, anche se non in modo esauriente, almeno secondo quel che in diversi tempi nei ventidue anni e più in cui per divina misericordia sono stato nell'Ordine, ho udito, e ancora ne conservo memoria, sia da molti vecchi frati, alcuni dei quali defunti e altri, pochissimi, ancora viventi, sia in particolare dal sopra ricordato fra Alessio, che fu uno dei primi frati del nostro Ordine, impegnandomi a farlo, quantunque imperfettamente, però molto volentieri, per i frati desiderosi di conoscere tutto questo.

Capitolo Terzo
Del numero dei predetti frati che diedero principio all'Ordine e della loro perfezione nel mondo prima che si riunissero insieme

15

      Si è già detto sopra che l'Ordine dei Servi della beata Vergine Maria ebbe la sua prima origine nella provincia toscana e nella città di Firenze; per render più chiare le cose che seguiranno, abbiamo accennato, benché genericamente, che cosa sia un Ordine religioso e quello che si riferisce ad esso: dobbiamo esporre ora, con grande fiducia in Dio e con grande devozione e riverenza per coloro che lo desiderano, il modo con cui detto Ordine ebbe principio.
      Si deve dunque sapere che nella provincia toscana e nella città di Firenze vi furono sette uomini, degni di molta riverenza e onore, congiungendo i quali nostra Signora, come sette Plèiadi a sciogliere spiritualmente il giro di Arturo,10 con la loro unione di anima e di corpo, dette principio al suo Ordine e a quello dei suoi Servi.
       Volle poi la nostra Signora dar principio al suo Ordine e a quello dei suoi Servi con sette uomini di numero, per dimostrare a tutti, con assoluta chiarezza, che essa voleva adornare il suo Ordine, dotandolo in modo speciale dei sette doni dello Spirito Santo,11 e per manifestare apertamente che sempre, in seguito, lo stesso Ordine si sarebbe conservato per mezzo di alcuni uomini, succedentisi l'uno all'altro e dotati dei doni del divino Spirito. Con questo rendeva a tutti evidentissimo che il detto Ordine, mediante i sopraddetti doni, sarebbe stato a lei sempre ben accetto fino alla settima età.12

16

      Lo stato di questi uomini prima che si unissero effettivamente per dare origine al nostro Ordine, fu quadruplice: il primo, quanto alla Chiesa; il secondo, quanto alla vita civile; il terzo, quanto all'onore verso nostra Signora; il quarto, quanto alla perfezione dell'anima loro.
      Fu dunque il primo loro stato quanto alla Chiesa. C'è per la Chiesa e per la nostra fede un triplice stato generale, mediante il quale si mantengono la stessa fede e la Chiesa dei fedeli: lo stato di verginità o di coloro che si propongono di conservare la verginità prima del matrimonio; lo stato di coloro che vivono nel matrimonio; e finalmente lo stato di coloro che sono sciolti dal matrimonio, o per consenso dei coniugi o per la morte di uno di essi, e che per il resto si propongono di vivere in piena castità per amore di Dio.
      In questo triplice stato della Chiesa i sette uomini già ricordati, prima della loro unione effettiva, si trovarono a vivere lodevolmente; giacché alcuni di loro, avendo stabilito di osservare verginità o castità perpetua, non si erano legati al matrimonio; altri invece erano già uniti in matrimonio; e finalmente altri erano liberi dal vincolo matrimoniale per la morte della moglie.
      O opera di grande e ammirabile carità, piena di arcano mistero!
      Come infatti la nostra Signora, mediante il numero sette degli uomini che dovevano dar principio al suo Ordine, volle chiaramente dimostrare che la futura perfezione di esso doveva consistere nei sette doni dello Spirito Santo, così, mediante il triplice stato della Chiesa nel quale essi lodevolmente si trovavano, volle apertamente far capire a tutti che al suo Ordine, come alla sesta città spirituale di rifugio, tutti avrebbero potuto accedere tranquillamente, in qualunque stato fossero, per procurarsi la salute dell'anima ovvero per conservarla se già acquistata, e finalmente, entrando nell'Ordine e dopo aver in esso debitamente e fedelmente servito fino al termine della vita, avrebbero ottenuto da lei e dal suo Figlio la grazia e la gloria.
      Questo fu il loro primo stato così descritto nel libretto delle Costituzioni antiche,13 da loro osservate nel mondo prima della loro unione, nel quale si legge: «Perché poi alcuni di questi erano legati dal vincolo matrimoniale e per questo non avevano possibilità di intraprendere il cammino di una vita troppo ristretta, disposero di scegliere una strada media più comune, che si potesse facilmente osservare tanto dagli sposati come dai non sposati».

17

      Il secondo stato poi nel quale si trovavano prima dell'origine del nostro Ordine era in relazione al benessere sociale. Infatti l'utilità materiale della vita sociale e dei cittadini consiste nello scambio delle cose terrene, e sono stati messi in atto nelle città diversi generi di commercio e di arti per ottenere più facilmente un utile maggiore.
      Orbene, questi sette uomini, prima di mettersi effettivamente insieme, erano impegnati nel cambiare e nel negoziare cose terrene secondo le regole dell'arte mercantile. Ma quando poi trovarono la perla preziosa, o piuttosto conobbero dalla nostra Signora come procurarsi una tale perla, cioè l'Ordine nostro, producendola e creandola per il mondo — sotto l'ispirazione dello Spirito Santo — con la loro unione di anima e di corpo; o ancora, quando impetrarono dalla nostra Signora che sorgesse e si propagasse nel mondo, per mezzo loro, il suo Ordine, per dar modo a quanti lo desiderassero di servirla degnamente e fedelmente, non solo distribuirono ai poveri quanto possedevano, vendendolo secondo il consiglio evangelico, ma anche, con lieta decisione, impegnarono se stessi a servir fedelmente Dio e la nostra Signora.14
      Per questo, mentre prima erano trafficanti di cose terrene, mediante la loro unione di anima e di corpo cominciarono a praticare il commercio e l'arte di unire le anime a Dio e alla nostra Signora, e a conservare tali quelle già a loro unite, insegnando loro a servirli con tutta fedeltà.
      Questo commercio e quest'arte da loro intrapresa dovevano poi esser condotti a nobilissima perfezione dal beato Filippo, e così esser lasciati da lui ai frati che di poi avessero desiderato di servir fedelmente Dio e la nostra Signora. E così divennero negoziatori di cose celesti e innamorati di tutte le anime destinate alla salvezza.
      Questo per il loro secondo stato.

18

      Il terzo loro stato, prima dell'origine dell'Ordine, fu per quanto riguarda la riverenza e l'onore verso la nostra Signora.
      Esiste infatti a Firenze una società istituita da lunghissimo tempo in onore della Vergine Maria, la quale per la sua antichità e per il gran numero degli associati, uomini e donne —dato che in detta città ci sono molte società di nostra Signora—, è chiamata in modo particolare e speciale “maggiore”, a preferenza di tutte le altre, cosicché, quantunque tutte le altre abbiano il nome generale di “Società di nostra Signora”, solo questa in modo speciale si chiama “ Società maggiore di nostra Signora”. Di questa facevano parte, singolarmente innamorati della nostra Signora, quei sette uomini già ricordati iniziatori del nostro Ordine, prima della loro effettiva unione.
      Per questo avendo il nostro Ordine, come risulta da quanto detto sopra, avuto origine nella provincia toscana, nella città di Firenze e dalla Società di nostra Signora, è chiaro che tutti i frati del nostro Ordine sono obbligati non solo ad amare di vero cuore e a onorare la località e la gente di detta città e provincia e della suddetta società, ma anche a pregar sempre devotamente Dio per le dette località e persone, per la loro conservazione e per la santificazione della gente già ricordata.
      Dall'altro lato è ancor chiaro che tutti gli abitanti della detta provincia in generale e della città di Firenze in particolare, e in special modo tutti quelli della detta Società maggiore di nostra Signora — se riflettono a così gran beneficio da essa loro procurato — sono necessariamente e per sempre obbligati a venerare con ogni riverenza tutti i frati dell'Ordine dei Servi di santa Maria e l'Ordine tutto in qualunque parte della terra, e a procurare con tutte le forze, secondo il loro potere, quanto torna ad onore di nostra Signora e all'utilità dei frati.
      Come infatti la città di Bologna è celebrata per il beato Domenico e di conseguenza per l'origine dell'Ordine dei frati Predicatori, e come la città di Assisi è da tutti venerata in ragione del beato Francesco e per conseguenza per l'origine dell'Ordine dei frati Minori, così la città di Firenze è specialmente e singolarmente e mirabilmente nobilitata dal beato Filippo e dai predetti sette uomini e perciò dall'origine dell'Ordine di nostra Signora.
      Ne consegue che come i bolognesi nei confronti dell'Ordine dei frati Predicatori sono tenuti ad esaltarlo quanto possono, e come la città di Assisi è obbligata per il motivo già detto a procurare di tutto cuore favori e benefici all'Ordine dei frati Minori, così tutti gli abitanti della provincia toscana in generale e in particolare i cittadini di Firenze, e singolarmente i componenti la sopra ricordata Società debbono, a riverenza e onore della stessa nostra Signora, conservare con ogni impegno e sostenere in Firenze e dovunque, l'Ordine sorto in mezzo a loro, come specialissimo tesoro a loro affidato, e favorirne la diffusione.
      Così è chiaro il loro terzo stato, il quale, per quanto si riferisce alla riverenza verso nostra Signora, è illustrato nel già citato libretto delle Costituzioni con queste parole: aTemendo la loro imperfezione, pensarono rettamente di mettere umilmente se stessi e i loro cuori, con ogni devozione, ai piedi della Regina del cielo, la gloriosissima Vergine Maria, perché essa, come mediatrice e avvocata, li riconciliasse e li raccomandasse al Figlio suo e, supplendo con la sua pienissima carità alla loro imperfezione, impetrasse loro misericordiosamente fecondità di meriti. Per questo mettendosi a onore di Dio al servizio della Vergine Madre sua, vollero fin da allora esser chiamati “Servi di santa Maria”, assumendosi un regolamento di vita secondo il consiglio di persone sagge».

19

      Il quarto stato, prima dell'origine del nostro Ordine, fu relativamente alla perfezione dell'anima loro; e questo perché per mezzo di essi, così preparati nella perfezione, si avesse in futuro una degna origine dell'Ordine nostro.
      La perfezione di ciascuno in relazione a Dio consiste nella vita, se essa cioè si conforma alla religione cristiana, giacché soltanto per l'abito della vera e cristiana religione si manifesta la vita soprannaturale che si inizia col battesimo o con la penitenza: Se infatti non crederemo, dice Isaia, neppure comprenderemo,15 e così non potremo nemmeno conoscere la predetta vita.
      Ora il battesimo è il sacramento della fede, giacché per mezzo di esso si acquista, o meglio si infonde da Dio la fede. Anche la penitenza è il riacquistare la fede perduta per l'eresia, o il restituire alla fede, macchiata per il peccato, la bellezza primitiva con la rimozione del medesimo. Infatti, come sopra è stato mostrato, è per la vera fede di Cristo che si ha la vita soprannaturale, iniziata col battesimo e con la penitenza, in virtù della contemplazione della passione di Cristo, mediante la quale uniamo l'anima nostra a Dio per osservare i doveri di religione.
      Questi venerabili nostri primi Padri e iniziatori del nostro Ordine erano dunque perfetti già prima che si unissero insieme e dessero principio all'Ordine nostro. Possedevano infatti l'abito della vera religione cristiana per mezzo della penitenza volontariamente accettata, sebbene non tutti avessero osservato gli impegni del battesimo; e per mezzo di tale vera religione avevano già incominciato a vivere la vita superiore della grazia e per suo amore avevano già unito a Dio le loro anime o piuttosto le conservavano in tale unione, esercitandosi con tutte le forze nell'osservanza del culto divino.
      Che poi possedessero la virtù della religione cristiana non vi può esser dubbio. Infatti, la virtù è, in relazione a noi, un abito elettivo che risiede nella mente, determinato dalla ragione, secondo quanto stabilisce la sapienza. Questi uomini gloriosi, primi iniziatori del nostro Ordine, conoscendo per ispirazione divina la virtù della religione, e scegliendo di possederla permanentemente come perla preziosissima da apprezzarsi e stimarsi, vendettero completamente se stessi e tutte le loro cose per acquistarne il possesso.16
      Inoltre, regolandosi in tutte le loro azioni, per quanto potevano, secondo i dettami della ragione, non solo secondo le determinazioni di qualche saggio di questa terra, ma piuttosto secondo quanto la Sapienza increata insegnò misticamente nel Vangelo, non c'è dubbio che essi avevano l'abito della religione e che riguardo a tale abito possedevano la perfezione relativamente a Dio, e anche esercitavano opere di perfezione: la virtù infatti è quella che perfeziona chi la possiede e rende buono il suo operare.
      Che poi avessero l'abito della religione appare dal fatto che segno dell'esistenza di un abito è la gioia o la tristezza nell'eseguirne le opere. Ora questi uomini gloriosi sentivano gioia o tristezza in tutte le loro azioni e le loro opere. Ogniqualvolta in ogni loro atto si rendevan conto di seguire una via giusta, ne esultavano oltre il credibile nel Signore; se poi si allontanavano dalla via giusta oppure credevano di allontanarsene, con lacrime e con dolore se ne pentivano.
      Per questo dal detto segno di gioia o di tristezza nelle opere, ispirati come erano da Dio e aiutati dalla nostra Signora, dobbiamo credere fermamente che essi possedettero l'abito della religione.

20

      Quest'abito della vera religione cristiana li spingeva a intrattenersi nella contemplazione della vita di grazia e di gloria: infatti è proprio di essa far sì che coloro che la posseggono s'intrattengano a contemplare la vita celeste.
      Eran dunque già tanto spinti da quest'abito della religione alla contemplazione delle cose celesti e ad essa continuamente portati come per natura, che avevano ormai eletta l'ottima parte della contemplazione;17 e non curando più le cose terrene, ma volendo solo conoscere e desiderare di possedere le celesti, non abitavano e non conversavano che con uomini santi, i quali solo desideravano le cose del cielo.
      Potevano perciò con tutta sicurezza ripetere con l'Apostolo: La nostra patria è nei cieli.18
      L'amore dunque della vita del cielo da loro conosciuta nella contemplazione, univa a Dio loro stessi e la loro anima, o piuttosto, essendo a lui già uniti, desideravano di rimaner così indissolubilmente.
      Erano infatti talmente uniti a Dio con i vincoli della carità che non solo temevano come il più grande supplizio l'esser separati da lui, ma anche mal sopportavano di vivere ancora, aspettando con gioia la morte per essere con lui. E così per essere uniti per sempre a Dio, potevano ripetere con l'Apostolo: Desideriamo di essere sciolti dal corpo per essere con Cristo.19

21

      Finalmente, così uniti a Dio e divenuti perfetti nella virtù della religione, per poter conservar tale perfezione esercitandola con le opere, erano continuamente impegnati nel culto divino.
      C'è però un doppio culto divino: uno generico, che è proprio di quelli che, stando nel mondo, dopo il battesimo o almeno dopo la penitenza, desiderano conservarsi lontano dal peccato; l'altro poi è proprio di quelli che passano allo stato religioso in cui non solo si conservano lontani dal peccato, ma per di più si legano con i tre voti religiosi, desiderando di essere tutti impegnati nel solo divino servizio.
      Ora questi uomini religiosi, primi predecessori del nostro Ordine, quando vivevano nel mondo, benché ancora non fossero uniti a Dio dall'amore di una vita perfetta, praticando il primo e generico culto divino, amavano Dio sopra tutte le cose e indirizzando a lui tutto quanto facevano, lo onoravano con tutti i loro pensieri, parole ed opere.
      In tal modo, mentre attribuivano a Dio tutte le opere buone che facevano e le riconoscevano come da Dio, vivendo questo primo e generale culto divino, si preparavano al secondo speciale culto divino, cioè alla loro vicendevole unione e ai tre voti di religione ossia a Dsservare l'obbligo di obbedienza, castità e povertà, obbligo perpetuo, insieme a un volontario impegno di dedicarsi unicamente al servizio della nostra Signora.

Capitolo Quarto
Perché soltanto sette uomini furono scelti a dar principio al nostro Ordine e della loro perfezione e del triplice nome dell'Ordine

22

      Tali furono dunque e degni di lode come abbiam detto, fratelli miei, questi gloriosi nostri Padri e primi iniziatori dell'Ordine, prima che si unissero per dargli principio.
      Oh, quanto è grande la dignità e quanta la nobiltà dei nostri Padri e come veramente tutti vi debbono riflettere con riverenza! Furono infatti tali e di tanto merito presso la nostra Signora, che essa volle cominciare con loro l'Ordine suo e dei suoi Servi.
      O uomini ammirevoli, e per la vostra luce degne spirituali stelle Plèiadi della nostra perfezione, e per questo riuniti da nostra Signora, quanto al corpo e quanto allo spirito, per dare inizio al suo Ordine e così dissipare spiritualmente il giro di Arturo, attorno al quale si aggirano gli empi, e per tracciare la via diritta per cui si giunge alla gloria celeste!
      Come infatti le stelle Plèiadi sono sette e appartengono alla costellazione del Toro, nel cui segno entra il sole il 15 aprile, e perciò esse cominciano ad appa rire in primavera (quando il sole scaldando di più con i suoi raggi dischiude e rende arabile la terra, fa fiorire gli alberi e tutto fa germogliare), così questi uomini gloriosi e primi fondatori del nostro Ordine, come sette spirituali stelle Plèiadi, cominciarono a sorgere nel mondo in tempo di spirituale primavera.
      Ciò avvenne quando già Cristo, luce del mondo, mediante i due ricordati luminari, il beato Domenico e il beato Francesco, aveva cominciato contemporaneamente a illuminare la terra con maggiore intensità, spandendo raggi e riscaldandola. Per questo diminuiva il freddo dell'infedeltà e, tornando il calore della carità, per mezzo della parola della predicazione e per l'esempio di umiltà, prima quasi estinta, il terreno del cuore umano principiava ad essere dischiuso dal sole di giustizia e a diventare arabile per mezzo dei veri vomeri, aratori di Dio e fenditori dei cuori.
      Era il tempo in cui gli alberi, cioè i due Ordini del beato Domenico e del beato Francesco, quando essi erano ancora in vita, principiavano a fiorire di virtù e a produrre germogliando i veri estirpatori delle eresie.
      Questi sette uomini, come già accennammo, salirono col passar del tempo a tanta perfezione e a tanti meriti dinanzi a Dio che, al tempo della nascita del beato Filippo, nell'anno del Signore 1233, erano giunti a tale stato di perfezione mediante i due sopraddetti luminari e i frati che esistevano negli Ordini da loro fondati e avevano già principiato a predicare apertamente la parola di Dio, da essere diventati essi stessi stelle spirituali, le quali emanando raggi della divina parola ed esempi di umiltà, potevano con il loro esempio condurre altri allo stato di perfezione.
      Un segno evidentissimo della loro perfezione e religiosità si può cogliere anche dal fatto che per mezzo loro volle la nostra Signora dar principio all'Ordine suo e dei suoi Servi. Se infatti questi Sette non avessero già raggiunto la vetta della santità sopra tutti gli altri, e se non fossero stati più degli altri accetti alla nostra Signora e al suo Figlio, al tempo in cui le piacque di dar principio all'Ordine, senza dubbio non avrebbe scelto questi uomini ma altri per la grande opera di consacrare a lei un tanto Ordine e di intitolarlo al suo nome.

23

      Non contrasta a quanto abbiamo detto della loro perfezione e religiosità il fatto che non raccontiamo alcun miracolo da loro operato in vita o in morte, o almeno dopo la loro morte.
      Infatti, o tutti o alcuni di loro poteron ben risplendere di molti miracoli in qualche tempo, perché non è improbabile che per il tempo già passato e per la morte dei vecchi del nostro Ordine, nessuno di questi miracoli sia giunto fino a me per poterlo narrare.
      Un'altra ragione è che il poter far miracoli non è segno sicurissimo e speciale di perfezione e religiosità: altrimenti nessuno si potrebbe dire perfetto e vero religioso, se Dio non avesse operato miracoli per sua intercessione in qualche tempo: ciò senza dubbio è falso. Proprio infatti dei veri e perfetti religiosi è amare Dio sopra tutte le cose, praticare con tutti la carità ed essere umili di cuore. Per questo nostro Si gnore non disse: Imparate da me a risuscitare i morti o a dar luce ai ciechi; ma: Imparate da me che sono mite e umile di cuore;20 e ancora: Vi ho dato l'esempio che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato.21
      E perciò, mentre molti nel giorno del giudizio per dimostrare la loro perfezione e religiosità, adducendo il segno dei miracoli, diranno: Signore, nel tuo nome abbiamo cacciato i demoni, abbiamo risuscitato i morti, e così via, cionondimeno, a dimostrazione che il far miracoli è un segno fallace di perfezione e di religiosità, sentiranno dire da Cristo: In verità vi dico, non vi conosco; allontanatevi da me, voi tutti operatori d'iniquità.22
      Certamente non ascolterebbero queste terribili parole di risposta, se il far miracoli fosse segno evidente di perfezione e di religiosità.

24

      C'è poi un'altra particolare e importantissima ragione per cui, quantunque quegli uomini fossero perfetti, non conosciamo alcun miracolo operato da loro: ragione che più sopra ricordo di aver già toccato.
      Non volle infatti la nostra Signora che alcuno dei santi e perfetti, operatore di evidenti miracoli, fosse iniziatore del suo Ordine, per dimostrare come essa sola è particolare fondatrice del detto suo Ordine, in modo speciale consacrato al suo nome.
      Tutto questo non avvenne casualmente e senza ragione, ma dobbiamo ritenere che fu per speciale disposizione di Dio e della nostra Signora. Come infatti tutti gli Ordini prendono giustamente il nome dal loro principale fondatore, così era opportuno che l'Ordine della nostra Signora prendesse nome da lei e nessuno potesse essere detto vero fondatore all'infuori di lei. Dimostrerà la verità di tutto questo quello che ora dirò.
      Se si potesse attribuire la fondazione dell'Ordine della nostra Signora a qualcun altro all'infuori di lei, certamente la si dovrebbe ai Sette già ricordati, sia per la loro santità, sia per esser stati i primi dell'Ordine. Ma come ho sentito dal suddetto fra Alessio, che fu uno dei sette primi e lo soleva frequentemente ripetere ai frati, tutto ciò non può attribuirsi in alcun modo né ai primi sette frati globalmente considerati, né a qualcuno di loro in particolare.
      Queste sono le parole che mi disse e, come ho già scritto, spesso ripeteva ai frati: «Mai, diceva, fu mia intenzione, né dei miei compagni di fondare un nuovo Ordine; né che dall'unione mia e dei miei compagni tra noi dovesse germogliare tanta moltitudine di frati. Io e i miei compagni credevamo soltanto di esserci riuniti per divina ispirazione affinché, abbandonato materialmente il mondo, potessimo più facilmente e più degnamente adempiere la volontà del Signore. Tutto questo è perciò da attribuirsi soltanto alla nostra Signora, e di conseguenza da lei il nostro Ordine deve particolarmente prender il nome di “Ordine della beata Vergine Maria”».

25

      Tutto ciò non è in contraddizione col fatto, già affermato, che il nostro Ordine si chiama anche Ordine dei frati Servi della beata Vergine Maria. Infatti il nostro Ordine porta tre nomi: uno generico dalla Regola, l'altro in modo speciale dall'attività propria di coloro che lo costituiscono, il terzo particolare dalla nostra Signora sua fondatrice.
      L'Ordine dei Predicatori, ad esempio, ha un nome generico dalla Regola, dalla quale si dice “Ordine di sant'Agostino”; ne ha uno speciale dall'attività propria di coloro che ne fanno parte, per la quale viene chiamato “Ordine dei frati Predicatori”; finalmente ha un terzo nome particolare che ha preso dal suo primo fondatore e da lui si denomina “Ordine del beato Domenico”.
      Similmente il nostro Ordine ha, a modo suo, tre nomi. Ha un primo nome generico dalla Regola del beato Agostino, la quale professarono gli antichi del nostro Ordine e da questa Regola si dice con nome generico “Ordine di sant'Agostino”; ha un secondo nome speciale dall'attività propria di coloro che ne fanno parte e da essa specificamente si dice “Ordine dei frati Servi della beata Vergine Maria”; finalmente ha un terzo nome particolare che ha preso dalla nostra Signora, sua prima fondatrice, e da lei in modo singolare si chiama “Ordine della beata Vergine Maria”.
      Abbiamo perciò logicamente concluso che il nostro Ordine si chiama Ordine della beata Vergine Maria. Sebbene infatti si dica genericamente, come abbiamo esposto, “Ordine del beato Agostino” e in modo speciale sia chiamato “Ordine dei Servi della beata Vergine Maria”, però propriamente e singolarmente merita d'esser chiamato da tutti, come abbiamo ragionevolmente spiegato, soltanto: “Ordine della beata Vergine Maria”.

Capitolo Quinto
Della vita e morte di fra Alessio che fu uno dei sette primi frati che dettero principio all'Ordine e perché sopravvisse tanto 23

26

      Vi furon dunque sette uomini di tanta perfezione, come già dicemmo, che la nostra Signora stimò cosa degna dare origine al suo Ordine per mezzo loro. Di questi non trovai nessun altro ancora in vita quando entrai nell'Ordine, all'infuori di uno che si chiamava fra Alessio, a cui ho già accennato altre volte. Piacque a nostra Signora di far vivere questo fra Alessio fino ai nostri tempi, perché, dietro sua relazione, potessimo conoscere l'origine del nostro Ordine e così lasciarne memoria ai frati che in esso dovranno succedersi fino al giorno del giudizio.
      Desiderando dunque che, morto il detto fra Alessio, non andassero irrimediabilmente perdute le memorie e le notizie relative all'origine del nostro Ordine, e così ciascuno di noi che vivemmo al suo tempo, fosse poi tacciato di ingratitudine, io lo interrogai molte volte sulla detta origine dell'Ordine nostro. Un giorno, andato appositamente a trovarlo nella sua cella al fine di conoscere quanto sopra, lo interrogai con attenzione e grande desiderio, per ordine e distintamente, come meglio seppi, intorno a tutto ciò che in sostanza si riferiva alla detta origine, e scrissi successivamente e ordinatamente di mia mano su di una carta tutto ciò che ero riuscito a sapere dalle sue risposte. Questa carta poi, leggendola più volte con grande attenzione e analizzando e meditando quanto vi era scritto al fine di ricordarmene, un giorno, per invidia del diavolo, mentre nel convento di Siena mi ero casualmente seduto sul pozzo, tenendo in mano e leggendo con grande riverenza la detta carta che sempre portavo con me, improvvisamente mi sfuggì di mano e volando alquanto per l'aria, con mio vivo dispiacere andò a finire nel pozzo.
      Ma sebbene per questa perdita abbia già dimenticato, per gli anni che sono passati, molte cose che vi erano scritte, in ogni modo le cose essenziali sull'origine dell'Ordine nostro, come le ascoltai dal detto fra Alessio, le ho sempre tenute a memoria, e ora, per volere della nostra Signora che a questo particolarmente mi spinge, con assoluta fedeltà scrivendole, le consegno alla storia per i frati che verranno come un grande e da loro desiderato tesoro.

27

      La vita del detto fra Alessio, come io stesso potei constatare e vedere con i miei occhi, era tale che non solo commoveva col suo esempio, ma anche dimostrava la perfezione sua e dei suoi compagni e lo stato della loro religiosità. Benché infatti per la grave età, per le sue infermità e per il lungo tempo in cui aveva sostenuto nell'Ordine il peso della giornata e il caldo,24 egli dovesse naturalmente desiderare il riposo, cercare cibi adatti alle sue infermità, vestirsi di vesti che lo riscaldassero e giacere sopra soffice materasso, per dare sollievo al suo corpicciolo languente, egli invece, dimostrando la sua perfezione e religiosità, cercava tutto l'opposto.
      Non domandava mai cibi particolarmente delicati, ma voleva sempre mangiare nel refettorio comune, contento dei cibi della comunità. Se qualche volta poi, impedito da grave infermità, non poteva andare alla refezione comune con gli altri frati, non volendo mutare i cibi del convento, di questi si contentava, o al massimo, raccogliendo nell'orto alcune erbe, era talvolta solito mangiarle calde, per sollevare la freddezza del suo infermo e vecchio corpicciolo, senza cercare mai cibi più delicati.
      Detestava il rivestirsi di vesti raffinate e volendo tenere nel vestire il giusto mezzo, si copriva di vesti non troppo vili né assolutamente lussuose. Quanto al letto poi, non solo non lo voleva adatto alla sua infermità, e perciò soffice e confortevole, ma, come sanno bene tutti quelli che furono con lui in convento, usava assi di legno in luogo del materasso e ruvido panno in luogo dei lenzuoli.
      Non solo poi non rifuggiva dai lavori materiali, come avviene di solito a quell'età, ma li eseguiva sempre anche oltre le sue forze, e anche quando i frati non avrebbero voluto, desiderandoli invece lui molto, se li accollava con ogni sforzo.
      Praticava inoltre talmente l'umiltà e la carità in ogni sua azione parola e opera, che non tralasciava mai le azioni più dimesse, sebbene fosse, come abbiam detto, di tanta perfezione e venisse considerato dai frati con grande onore e riverenza, essendo uno dei primi Sette mediante i quali la nostra Signora diede origine al suo Ordine.
      Si sforzava infatti, per quanto gli era possibile, di compiere tutti gli uffici più comuni, quantunque bassi e pesanti, come l'ultimo dei frati. Per questo, finché poté, quando veniva il suo giorno, andava fuori casa alla cerca, sopportando la fatica come qualunque altro frate valido e ultimo, anche quando i frati non avrebbero voluto.
      Si sforzava inoltre di compiere tutti gli altri uffici del convento, umili per il mondo, come qualunque altro frate, mostrando in ciò la carità che aveva verso i confratelli e l'umiltà che portava nel cuore, e lasciando un esempio da imitare per tutti i frati che desiderano di servire fedelmente la nostra Signora.

28

       Giunto a età molto avanzata e vedendo con i propri occhi l'accrescersi del suo Ordine e il gran numero e la santità dei frati, era anche sicuro e felice di ricevere il premio del suo fedele servizio dalla sua Signora, la Vergine Maria.
      Giunto dunque alla fine della vita, a manifestazione della perfezione e santità sua e dei compagni (come ho saputo da fra Lapo da Firenze, nipote di fra Sostegno, il quale fu presente al suo transito) prima del suo passaggio all'altra vita vide venirgli incontro degli angeli, sotto forma di uccelli bianchissimi e bellissimi oltre ogni dire, e Cristo che stava in mezzo ai detti uccelli e angeli sotto forma di bambino bellissimo, e recava in capo una corona d'oro. Ed egli gridando a gran voce, indicò ai frati che stavano attorno ciò che vedeva.
      Visse quasi 110 anni e giunse all'anno 1310 dalla Natività del Signore. È chiaro perciò, se si ricorda il tempo in cui egli e i suoi compagni si unirono per iniziare l'Ordine nostro e lo si ricollega all'anno della sua morte, che detto fra Alessio visse nell'Ordine quasi 77 anni.25

Capitolo Sesto
Dell'unione spirituale dei detti sette frati nel mondo e della loro preparazione e finalmente della loro effettiva unione

29

      Ciascuno di questi Sette, abitando in casa propria a Firenze, era di tanta perfezione e religiosità che da nostra Signora fu giudicato degno di esser scelto per dare inizio al suo Ordine. Risiedendo però in zone diverse della città, l'uno non conosceva l'altro; tuttavia, per grazia della nostra Signora che li preparava all'istituzione del suo Ordine, sia per propria volontà, sia per l'esigenza delle pratiche per le quali si riunivano, si legarono spiritualmente con perfetta amicizia e con vincoli di amore spirituale, prima uno con un altro e poi tutti e sette insieme.
      Era infatti giusto che coloro che eran riuniti insieme da una stessa perfezione e religiosità si legassero anche con i vincoli di amore e di amicizia spirituale, come quelli che non molto dopo dovevano esser finalmente uniti dalla nostra Signora per l'istituzione del nostro Ordine.
      Un segno poi certissimo che essi erano già tra loro perfettamente uniti da perfetta amicizia di carità al fine dell'istituzione del nostro Ordine si coglie dal fatto che non solo tale amicizia di carità li costrinse a esser pienamente d'accordo con benevolenza e amore nelle cose divine e umane secondo il volere di Dio, ma anche a non poter sopportare la temporanea assenza tra di loro, né a poter tollerare senza grave molestia di esser separati, anche per un'ora sola, l'uno dall'altro.
      Come perciò la loro mente già li univa a compiacersi l'uno con l'altro nelle cose divine ed umane, così li ispirò ad abbandonare di fatto e a dimenticare assolutamente tutte le cose terrene, e ispirandoli su questo fermo proponimento li confermò anche in quello di poter abitare insieme, non solo con unione spirituale, ma anche con unione effettiva, per compiacersi di giovare l'uno all'altro con buoni esempi parole e opere, e per raccogliersi finalmente con l'anima e col corpo nella gloria celeste con Cristo, per amore del quale erano vicendevolmente legati da tale amicizia.

30

      Quando poi, mossi da ispirazione divina, ebbero confermato il fermo proposito di volersi di fatto unire insieme in continua penitenza fino alla morte per la salvezza dell'anima loro, e ciò non per leggerezza o per caso, ma con matura e ferma deliberazione, inducendoli particolarmente a questo la nostra Signora, vollero provvedere con coscienziosa cura e non poca sollecitudine a tutte quelle cose necessarie per poter con giustizia e libertà conseguire il proprio scopo, e una volta conseguitolo, spendere nel servizio del Signore e nella sua volontà tutto il resto della vita.
      Perciò, rendendosi liberi anzitutto riguardo a tutte quelle cose per cui poter raggiungere liberamente e secondo giustizia la desiderata unione, disposero delle proprie case e delle famiglie e, lasciando a queste ultime il necessario, distribuirono il resto ai poveri e alle chiese per il bene delle loro anime e stabilirono di non riservarsi assolutamente niente al momento della loro unione.
      Quelli poi tra loro che erano ancora uniti in matrimonio, sciogliendosi da esso con il consenso delle proprie mogli e secondo le disposizioni del diritto, lasciarono similmente che esse, quante lo vollero, si consacrassero al servizio divino.

      Quanto poi a quelle cose con le quali, una volta uniti insieme, avrebbero potuto continuare nel servizio del Signore, ciascuno di loro, provvedendo molto tempo prima della loro unione effettiva, si preparò nella propria casa con lungo esercizio e continua assuefazione a ciò che avrebbe dovuto osservare quando poi fossero riuniti insieme.
       Rigettando dunque le vesti preziose e rivestendone delle più vili, presero tutti dapprima un mantello e una tonaca di panno bigio; ora, togliendosi le camicie di lino, indossarono sulla carne dei cilizi; ora, usando parcamente cibi e bevande, si sforzavano di prenderli solo per necessità; ora, aborrendo assolutamente dalle attrattive della carne, osservavano perfettamente la pudicizia; ora, regolando i pensieri, le parole, i sentimenti e le azioni, procuravano di mantenerli entro i limiti dell'eccesso e del difetto, e conseguentemente nel giusto mezzo; ora, perseverando nella preghiera giorno e notte, imparavano a piacere solo a Dio; ora, fuggendo lo strepito del mondo e il consorzio degli uomini, si recavano nelle chiese e nei luoghi devoti e solitari, nei quali potersi dedicare più liberamente alla contemplazione; ora, finalmente, rivolgendosi a uomini di buoni consigli, di buona vita e di buon esempio con cui poter conversare continuamente ed essere sostenuti nel loro proposito secondo il volere di Dio, a questi si aprivano manifestando i loro pensieri e i propositi del loro animo.

31

      Così dunque, separati dal mondo spiritualmente e materialmente e totalmente da esso liberati e inoltre preparatisi in modo da poter attuare, senza scrupoli di coscienza, il loro desiderio, assuefatti dalla loro previdenza a ciò che si proponevano di osservare dopo la loro unione di fatto, nel giorno da loro fissato e a loro dalla nostra Signora e soprannaturalmente ispirato, con riverenza e timor di Dio, premessa dal più profondo del cuore una fervidissima preghiera, come fino ad allora erano stati uniti con l'anima, così si unirono insieme sotto il medesimo tetto, per realizzare il vivissimo desiderio che da molto tempo ne avevano.
     C'era in Firenze, fuori della porta della città, nell'angolo del cimitero dei frati Minori, il quale cimitero è a destra della chiesa dei detti frati e in capo alla loro piazza, una piccola casa: i frati Minori infatti non avevano ancora occupato tutto il luogo del detto cimitero, essendo il loro Ordine ancora recente. In questa casupola dunque riunendosi nel giorno sopraddetto, cioè al tempo della nascita del beato Filippo, realizzarono il loro desiderio di riunirsi insieme e diedero primamente inizio all'Ordine della beata Vergine Maria e dei suoi Servi.

Capitolo Settimo
Come nella loro unione subito ricevettero il nome speciale del nostro Ordine

32

      Cosa mirabile, fratelli miei, e certo da non ignorarsi dai frati del nostro Ordine, ma da tenersi in grande onore. Allo stesso inizio del nostro Ordine, quando i detti gloriosi primi nostri Padri si riunirono insieme per dargli origine, subito furono da tutti popolarmente e comunemente chiamati “frati Servii della beata Vergine Maria”, non sapendo essi stessi da dove e da chi venisse questo nome.
      Da ciò si deduce che questo nome fu originariamente largito ai primi Padri del nostro Ordine non da un uomo, ma dalla nostra Signora, la beata Vergine Maria, a voce di popolo, che per divina ispirazione approvava e acclamava questo nome che da nessun uomo era venuto. Era giusto infatti che, come la nostra Signora volle che a nessun uomo si potesse propriamente attribuire l'origine del suo Ordine, ma solo a se stessa, così anche il nome da nessun altro che da lei e dal suo Figlio si potesse inizialmente trovare e, una volta trovato, accordarlo ai frati del suo Ordine.
      Fu dunque volontà della nostra Signora disporre che il detto nome, da lei scelto fin dal principio, subito dal popolo e generalmente da tutti fosse per acclamazione reso popolare, dal momento stesso in cui i primi frati del suo Ordine, primi nostri Padri, si unirono insieme e furon particolarmente e comunemente detti Servi suoi.

33

      Che poi questo nome non sia venuto da nessun uomo come da un primo inventore, ma solo dalla nostra Signora, si deduce anche da questo. Interrogando io fra Alessio, tra le altre cose, anche sul detto particolare nome dell'Ordine, da chi primamente avesse avuto origine, mi rispose: «Non ho mai potuto sapere — disse — né s'è mai potuto accertare né da me né da altri che questo nome ci sia stato dato per la prima volta da qualcuno: e perciò, soltanto la nostra Signora l'ha dato al nostro Ordine e così mi ricordo sempre che anche gli altri compagni miei fratelli credevano e confermavano».
      Essendo stato il detto fra Alessio uno dei sette primi frati che con la loro unione di fatto diedero inizio al nostro Ordine, nessuno deve affatto dubitare che, se questo nome fosse stato prescelto da qualcuno, egli non l'avrebbe saputo. Deve dunque ritenersi fermamente e confermarsi con sicurezza dai nostri frati, con le parole e con le opere, per non essere ingrati di fronte a tanto beneficio, che detto nome è stato primamente scelto dalla nostra Signora, la Vergine Maria e da lei benignamente dato ai frati del suo Ordine.
      Che del resto sia così come abbiamo riferito la stessa nostra Signora lo comprovò, come vedremo in seguito, mostrando in visione al suo devoto, il beato Pietro martire, l'abito che portiamo e la regola che professiamo: infatti allora confermò anche il nome del nostro Ordine come datoci da lei stessa fin dall'inizio.

34

      Facciamo dunque attenzione, fratelli e padri miei, ed esaminiamo diligentemente come, nel fare la nostra professione, assumiamo il nome così grande di “Servi di Maria” e osserviamo attentamente se rendiamo senza negligenza l'onore dovuto a tanta Signora. Come infatti coloro che con serietà e purezza di cuore, prendendo il nome di Servi della nostra Signora e prestando a lei il dovuto onore di servizio, esaltano al di sopra degli altri il proprio Ordine, così coloro che con leggerezza e con cuore impuro non hanno timore di prendere il detto nome, né si curano di prestare il dovuto onore alla nostra Signora, vituperano e disonorano, per quanto sta in loro, l'Ordine della Vergine Maria.
      Riflettiamo perciò con tutta umiltà quanto sia grande questo nome datoci dalla nostra Signora, e impegnandoci a degnamente servire tanta Vergine Madre e Signora nostra, presentiamoci a lei nella dovuta riverenza e timore, puri di cuore e di corpo.
      Dimostreremo così, com'è nostro dovere, la dignità del nostro Ordine al cospetto di tutti, e riceveremo un giorno da lei il degno premio del nostro servizio, riservato a coloro che fedelmente la servono.

Capitolo Ottavo
Della perfezione dell'amore che possedevano, verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo

35

      Avendo dunque Dio cura particolare di loro e secondo le tre predette cose aiutandoli in tutto e per tutto, essi dopo che furono insieme uniti, fissarono anzitutto il loro cuore nell'adempimento del precetto dell'amore. Amavano Dio con tutto il cuore, indirizzando a lui tutto il loro affetto e, mantenendosi a lui tutti cordialmente uniti, niente altro desideravano all'infuori di lui e solo per lui.
      A lode di Dio indirizzavano anche ogni loro attività fisica e ogni loro sentimento, e per conseguenza cercando in ogni azione della loro anima la sua gloria e riferendo a lui il merito di ogni opera buona, lo amavano ineffabilmente con tutta la loro anima.
      Ordinando infine al servizio di Dio ogni loro ricerca e scoperta, a cui potevano giungere mediante il loro pensiero e il loro ragionamento, e desiderando continuamente di servirlo con santo timore quale loro particolare Signore, lo amavano senza posa con tutta la loro mente.26

36

      Con ordinato amore verso la propria anima, innanzitutto le fornivano aiuto nella lotta contro la carne ed esercitavano le opere di penitenza, perché la carne, nei suoi desideri contro lo spirito, non lo sottomettesse al suo dominio. In secondo luogo, accettando il consiglio dell'anima nella via delle virtù, desideravano di mantenere in essa la discrezione, perché dirigendosi con sollecitudine dove li conduceva l'impeto dello Spirito, potessero costringere la carne a seguirlo.
      In terzo luogo le prestavano servizio nell'interno della loro coscienza, custodendo da ogni incauta apertura l'ingresso del talamo, cioè i loro sensi perché, subentrando, la preoccupazione delle cose temporali non turbasse la cella della contemplazione.
      Anche nei confronti del proprio corpo essi conservavano l'ordine della carità e perciò gli somministravano anzitutto il cibo necessario, perché non dovesse rifiutare di sopportare il peso della penitenza; poi, con il bastone della direzione, lo indirizzavano a seguire la volontà dell'anima, per mantenerlo sempre sotto una salutare disciplina; in terzo luogo, gl'imponevano con discrezione il giogo della penitenza, perché sentendosi libero come il puledro di un asino selvaggio, non si abbandonasse al male.27

37

      Finalmente nell'esercizio della carità avevano riguardo anche al prossimo. Cercavano infatti di conoscerne le necessità e di conseguenza, prendendone compassione, con sentimenti di pietà provvedevano ai bisognosi per quanto potevano, in tutti i bisogni dell'anima e del corpo. In secondo luogo, considerando il prossimo come fratello e venendo in suo soccorso come avrebbero fatto a se stessi, perdonavano le offese ricevute; e in terzo luogo, rendendosi sollecitamente conto del suo stato spirituale, si rallegravano con i giusti e soffrivano con i peccatori, confermando i giusti nello stato di giustizia e convertendo i peccatori, perché non precipitassero nelle loro miserie.28

38

      Amavano dunque Dio, la propria anima, il prossimo e se stessi, come abbiam detto, con carità ordinata. Uniti perciò a Dio con perfetto amore, si esercitavano nelle buone opere con tutte le loro forze. Contro le offese ricevute erano forti con pazienza, e con essa sopportavano tutto con serenità; contro le mollezze della vita erano rigidi per la loro continenza, e con essa allontanavano le seduzioni della carne e del mondo; contro la pigrizia erano accesi di fervore nel soffrire, evitando con ciò la tiepidezza del loro animo; contro l'ignoranza largheggiavano splendidamente in benignità, mediante la quale, dispensando in tempo di necessità le cose temporali, edificavano gli altri; contro le cure mondane erano prudentemente cauti, non cercando onori e non curandosi neppure di richiedere le cose proprie; finalmente contro l'incostanza dell'animo erano fermissimi per la loro perseveranza, e con essa ritenevano massimo supplizio esser separati dall'amore di Cristo.29

39

      Mantenendosi bassi per l'umiltà, possedevano da forti ben radicate le radici dell'amore nelle loro intenzioni, sicché potevano dire con Davide: Ti amo, Signore, mia forza,30 eccetera; e sollevati dalla speranza delle cose eterne, già come più forti innalzavano il tronco dell'amore disposti alla prova, sicché con Giobbe potevano esclamare: Mi uccida pure il mio Creatore, io non me ne dolgo.31 Infine, consumati nell'amore, raggiungevano come fortissimi le vette della carità nel godere dei flagelli, per cui stimavano gran gioia soffrire con Cristo, e così con gli Apostoli se ne andavano ormai dal sinedrio, pieni di gioia nella volontà e nella mente.32
      Per questo, come le vergini prudenti, tenevano in mano le lampade già ben fornite. Possedevano infatti il vaso luminoso, cioè il loro cuore puro, e in esso preparavano la dimora al loro diletto; riempivano il vaso di olio, cioè il loro cuore di devozione, con la quale lo aspettavano con gioia; accendevano la lampada del cuore col calore del fuoco, cioè col fervoroso desiderio con cui andavano incontro a Cristo che veniva al loro cuore; e finalmente impreziosivano la detta lampada del cuore con lo splendore, cioè con l'esempio riguardo al prossimo e con la contemplazione delle cose eterne, mediante le quali essi, con la luminosità delle loro lacrime, aprivano a Cristo che già bussava. E così ricevendolo nel loro cuore gustavano i doni della sua grazia e gioivano per la presenza di tanto sposo.33
      Per questo, mostrandosi ormai a tutti quali modelli di santità, col loro esempio li infiammavano di carità ed entusiasmandoli li conducevano all'amore di Cristo.

Capitolo Nono
Come per il troppo accorrere di persone si trasferirono a Monte Senario

40

      Mentre questi uomini erano così perfettamente ordinati nell'amore verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo, vennero in tanta devozione presso il popolo da esser ogni giorno visitati da uomini e donne, che desiderosi di procurarsi il loro patrocinio e bramosi di formarsi con molta devozione alle loro parole e ai loro esempi, chiedevano l'aiuto delle loro preghiere e la direzione dei loro consigli.
      Così occupati da questo accorrere in visita di tante persone, e da ciò continuamente impediti nel loro desiderio di contemplazione, ne ricevevano disturbo. Vedevano infatti i detti uomini, gloriosi nostri Padri, che usciti dalla loro terra per aver estinto ogni desiderio della carne e separati dalla propria parentela, dopo aver tagliato via ogni pensiero di incertezza che potesse travolgerli, venivano tuttavia dalle suddette visite trattenuti dall'andare alla terra loro mostrata dall'ispirazione divina. Come si erano perciò allontanati dalla terra e dalla parentela propria, cioè dai piaceri carnali e dall'incertezza della loro decisione, così stabilirono di uscire dalla casa del loro padre, lasciato ogni rapporto col mondo, allo scopo di giungere senza ostacoli alla terra dei viventi loro mostrata da Dio. E poiché erano uniti come fossero un'anima sola e un cuor solo nell'amare sommamente Dio, nel rendergli onore in tutte le cose e nella continua adesione a lui, temevano assai che per un tale accorrere di persone e per la conseguente distrazione dispiacessero a lui. E perciò Dio, con quello stesso amore con cui li aveva condotti a unirsi, a lasciar la terra e la parentela propria e a esser così di edificazione al popolo, diede loro un cuor solo per uscire dalla casa del proprio padre, cioè per lasciare ogni rapporto col mondo.34
      Per questo, quando alzandosi dalla preghiera e dalla contemplazione, si riunivano insieme a parlare di Dio, esortandosi a vicenda in relazione a tale proposito, tra le altre cose dicevano: «Venite, fratelli, venite e lasciamo questo luogo di dubbio e di pericolo e cerchiamone un altro solitario, nel quale si possa soddisfare, sotto la guida di Dio, al nostro desiderio».
      Mentre dunque perseveravano nel desiderio di attuare un tal proposito, non sapendo che cosa fare e in qual luogo andare per raggiungere il loro scopo, speravano soltanto in Dio che sapevano già quanta cura avesse di loro, e per questo si abbandonavano a lui con tutta la loro anima. E Dio, che previene coloro che lo amano, li prevenne finalmente, ispirando loro il desiderio di ciò che era di giovamento alla loro salvezza.
      Per questo, Colui che esaudisce i voti di coloro che lo temono e confidano solo in lui, venne incontro al desiderio di questi nostri Padri e, come aveva loro ispirato lo stesso desiderio, così lo esaudì con la sua grande provvidenza, mostrando loro il luogo adatto, da essi lungamente sospirato, e dando loro il modo per potersi in esso stabilire.

41

      C'è un monte, lontano dalla città di Firenze circa otto miglia, che essendo interiormente pieno di caverne, se viene battuto in qualche sua parte, ripercuote questo suono e così dallo stesso suono fu dapprima chiamato Sonario, oppure Sonaio: sebbene dai più del popolo venga detto con termine alterato Asinario, aggiungendovi una “a” in più e cambiando, per corruzione, la “o” in “i”.
      Dio dunque mostrò questo monte con una sua ispirazione ai detti nostri Padri e li incoraggiò a salirvi e una volta saliti ad abitarvi, per soddisfare il loro desiderio.
      Guardando questo monte, mostrato loro in lontananza da Dio, come quello che si innalza sopra gli altri monti circostanti, e recandosi lassù per conoscerne la posizione, trovarono sulla cima un bellissimo spiazzato, pur di piccole dimensioni, e da una parte una sorgente di ottima acqua, e tutt'intorno a quello spiazzato un bosco ottimamente ordinato, come se fosse stato piantato dalla mano dell'uomo. Trovando perciò questo monte preparato da Dio e vedendolo adattissimo al loro proposito, come quello che era lontano dalle abitazioni degli uomini e tutto adatto sulla cima per quanti volevano farvi penitenza, resero a Dio infinite grazie.
      Trovato dunque il luogo adatto a soddisfare i loro desideri, non gridavano più: «Venite, cerchiamo», ma invece: «Venite, vediamo il luogo preparatoci dal Signore e saliamo al suo monte, adatto per la nostra penitenza». E l'uno all'altro, con timor di Dio e gioia, dicevano: «Perché esitiamo? Venite, venite, usciamo dalla città, lasciamo ogni rapporto col mondo, non mettiamo piede nella regione circostante, né guardiamo indietro a ciò che può nuocere all'anima nostra, ma saliamo a questo monte del Signore, a noi riservato dalla divina Provvidenza, per poter in tutto e per tutto adempiere la sua volontà e soddisfare al nostro desiderio».35
      Saliti dunque al monte predetto e costruita sulla cima una casetta adatta per la loro abitazione, lasciarono la casa che prima avevano in Firenze e si trasferirono colà.

Capitolo Decimo
Come il nome e la località di detto monte conveniva al nostro Ordine

42

      Fu molto opportuno che i detti nostri frati ricevessero da Dio per loro abitazione il predetto monte Sonaio, ben convenendo il luogo alla loro ascesa nella perfezione e il nome alla loro fama.
      Che infatti il luogo convenisse alla loro ascesa nella perfezione, è ben chiaro. Dopo aver già abitato in una valle di lacrime, nella quale si erano lavati con la penitenza ed erano diventati puri e atti ad ascendere, nella stessa valle di lacrime avevano disposto in cuor loro le ascensioni.
      Mentre rimanevano ancora nella pianura dei costumi, in essa furono istruiti in tutto dall'unzione dello Spirito Santo e, assuefatti nella mansuetudine, camminavano nell'innocenza del loro cuore nella casa di Dio. Quando poi si stabilirono sopra il colle delle virtù, sul quale gustavano i diversi cibi delle virtù ed erano per questo arricchiti di doni celesti, potevano dire: Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme.36 Era giusto ormai che essi salissero alla contemplazione sul monte; in esso illuminati, e perciò stesso illustrati dallo Spirito della sapienza e dell'intelletto e pervasi dal profumo dell'eterna felicità, avendo sempre i loro sguardi rivolti al Signore, esclamavano: Non sappiamo che cosa fare, perciò i nostri occhi sono rivolti a te.37 Così dunque è chiaro che quel luogo conveniva alla loro ascesa nella perfezione.38

43

      Che poi il nome del monte convenisse alla loro fama è evidente. Chiamandoli infatti Dio alla sua conoscenza e conducendoli al suo amore, con pronta ubbidienza rispondevano dolcemente: Parla, o Signore, perché i tuoi servi ti ascoltano.39 Muovendoli poi lo Spirito Santo ed empiendoli con la sua santa ispirazione, diedero a se stessi, con pia devozione, un dolce suono, esclamando: Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito.40 E ancora: muovendosi la loro mano e col suo muoversi operando molteplici e sante azioni, resero al loro prossimo un dolce suono, presentando la vista del loro santo esempio, e dicevano: Siamo il profumo di Cristo in ogni luogo.41
      Finalmente, quali frati dell'Ordine della beata Vergine Maria, del quale Ordine erano essi stessi principio, avrebbero dovuto, poco tempo dopo, farsi udire dal mondo col loro suono, cioè con la loro parola e l'esempio, per indurlo a seguir Cristo. E così, manifestando se stessi al mondo a lode di Dio e con un conveniente suono, a tempo opportuno, cantavano: Casa di Giacabbe, vieni: camminiamo nella luce del Signore.42
      Conveniva perciò che coloro i quali rendevano soave e appropriato suono a Dio, a se stessi e al prossimo (suono che a tutto il mondo avrebbero fatto risuonare i frati che li avrebbero seguiti), ricevessero da Dio stesso un luogo che riecheggiasse il suono e dal suono prendesse il nome; e ricevutolo, lo abitassero.
      Per questo è chiaro che fu conveniente, anche a motivo della loro ascesa e del loro suono, che Dio preparasse loro il monte Sonaio e che essi abitassero in questo monte preparato da Dio.

Capitolo Undicesimo
Del triplice tabernacolo di perfezione da loro costruito

44

      Dovendo dunque risiedere nel detto monte, adornandolo con la loro presenza, i sette primi Padri costruirono in esso un triplice tabernacolo: materiale, mistico e morale.
      Tabernacolo materiale fu l'abitazione costruita sul monte. Suggerita loro da una divina ispirazione,43 la fondarono sulla cima del detto monte, fabbricata con materiale ordinario, irrigata da un'abbondante sorgente di acqua, circondata da un bel bosco di alberi, abbellita da un prato di verdi erbe, dotata da Dio di aria sanissima e finalmente completata dalla residenza dei nostri Padri.
      Tabernacolo morale fu poi il domicilio spirituale di Cristo nella mente di ciascuno di loro. Sul monte ne fu loro mostrato il modello da Cristo: edificato dalla medesima sapienza divina, fondato sulla perfezione della carità, collocato nell'anima di ciascuno dei detti nostri Padri, fabbricato sull'armonia delle singole virtù, sostenuto dalla loro osservanza, abbellito internamente dal candore della purezza, esternamente adornato dallo splendore delle buone opere, e finalmente completato dalla presenza di Cristo.44
      Tabernacolo mistico fu poi il particolare rifugio dei frati del nostro Ordine. Fu questo principalmente edificato dalla nostra Signora, fondato sull'umiltà dei nostri frati, fabbricato dalla loro concordia, conservato dalla povertà, ornato dalla purezza e completato dalla presenza dei santi frati che dovranno succedersi nell'Ordine stesso fino al giorno del giudizio.

45

      Quest'ultimo tabernacolo, che è il particolare rifugio dei frati del nostro Ordine, per cui particolarmente si chiamano frati dell'Ordine dei Servi della beata Vergine Maria, quantunque abbia avuto principio dall'unione delle persone dei nostri Padri, fu tuttavia da essi propagato sul detto monte nel modo che segue.
      Mentre i nostri Padri risiedendo sul monte Sonaio ricevevano non piccola consolazione da un luogo così adatto, preparato per loro e a loro mostrato da Dio, e intanto progredivano di giorno in giorno di virtù in virtù, avvenne che per volere di Dio e per la sicurezza della loro vita, questi nostri Padri attirassero da lontano col profumo della loro fama l'affetto del popolo alla devozione e all'amore verso di loro, per cui si sentivano spinti a visitarli più di quanto facessero quando erano loro vicini.
      Perciò molti del popolo, attratti dal suono e dal profumo della loro santità e virtù e tale suono e profumo con intima devozione seguendo, si affrettavano a recarsi al luogo dal quale tale suono e tale profumo partiva.
      Molti dunque si recavano a questo monte da ogni luogo della città di Firenze e del contado, e parlando l'un l'altro si dicevano: «Perché tardiamo ad andare a vedere questi servi di Dio, da cui emana un sì gran profumo di virtù e non ci curiamo di cercar notizie di loro? Venite dunque, venite su, andiamo a questo monte Sonaio e odorifero monte del Signore e saliti fino alla sua cima vediamo questi uomini gloriosi dai quali proviene il suono che abbiamo udito e il profumo che abbiamo sentito, e così dalle loro parole, accese dal fuoco della carità, impariamo le vie del Signore e, osservando gli esempi della loro santità, disponiamoci fermamente a camminare nelle sue vie; da ora innanzi operiamo in ogni nostra azione secondo il modello a noi mostrato su questo monte del Signore per mezzo di questi suoi servi».45
      O felice e veramente mirabile tempo di questi nostri Padri, il quale era regolato con speciale cura dal Signore e disposto in tutto secondo la sua volontà, e al suono della loro fama e all'odore della loro santità i popoli accorrevano così da lontano!

Capitolo Dodicesimo
Come con il loro esempio attiravano alcuni all'amore di Dio,
altri li univano a sé

46

      Accorreva dunque il popolo da ogni parte a questi uomini gloriosi, Padri nostri, e ciascuno ne ritraeva frutto di salvezza secondo la propria capacità.
      Alcuni, infatti, osservando i loro esempi e riguardando come in uno specchio la loro vita nella vita loro, riconoscevano le manchevolezze della vita propria e cercavano di correggerle. Né è da stupirsene: guardando infatti alle loro parole e al loro esempio, imparavano a fuggire quella doppiezza che il mondo ama, a praticare la semplicità che viene da Dio, a odiare di cuore i vizi e ad amare le virtù.
      Vedevano infatti che essi non coprivano con doppiezza i loro sentimenti con vari artifizi per nascondere il senso delle parole, e non dimostravano come vere le cose false né simulavano come false quelle vere, ma li vedevano invece come erano veramente, semplici, che niente fingevano per ostentazione, ma manifestavano con parole il proprio sentimento, amavano così com'era la verità, evitavano la falsità, offrivano gratuitamente i loro beni, soffrivano il male piuttosto che farlo, non cercavano di vendicarsi per alcuna offesa ricevuta e stimavano un guadagno soffrire per la verità.46
      Altri poi, parlando affabilmente con loro di Dio e della patria del cielo e nel far ciò accendendosi di fervore e non riuscendo a nasconderlo, lo manifestavano palesemente. Infatti, rallegrandosi interiormente nelle anime loro, si riempivano di tale gioia ineffabile da non poterla esprimere; neppure tuttavia potevano in qualche maniera nasconderla, ma manifestavano con gemiti il detto fervore e la loro intima gioia. Tutto lo sforzo di quei nostri Padri era quello di conservare puro il loro cuore e di preparare una degna abitazione a Cristo. Per questo riempivano il cuore di devozione, aspettando con gioia il Diletto: lo infiammavano di ardente desiderio per andare incontro all'Amico che viene, e finalmente lo illuminavano con l'esempio dato al prossimo e con la contemplazione delle cose del cielo e così potevano aprire, con la chiarezza delle loro lacrime, allo Sposo che batte alla porta e fargli onore, accogliendolo nell'intimo dell'anima loro e amandolo come sommo Bene e a lui obbedendo in tutto e per tutto.47

47

      Altri poi, attratti dal profumo delle loro virtù e spinti dal fuoco della loro parola e del loro esempio, non solo li amavano con l'anima come amici di Dio, ma si sentivano portati a servir il Signore abitando con loro sul detto monte.
      Né fa meraviglia se, vedendoli già ornati di incomparabili doni e sempre con la mente fissa al cielo, anch'essi si sentivano attirati ad abitar con loro e per conseguenza ad abbandonare del tutto il mondo. Era infatti in loro il dono del timor di Dio, per il quale, diventati umili, non aspiravano alle cose sublimi, ma si adattavano alle cose più basse. In loro appariva chiaro il dono della pietà, per il quale resi miti cercavano piamente Dio senza mai resistergli e lo veneravano come dolcissimo Signore. Splendeva in loro il dono della scienza, grazie al quale avevano gemiti di pentimento dolendosi per quelle cose di cui non avevano usato con rettitudine. Spiccava in loro il dono della fortezza, e come affamati e assetati di giustizia anelavano di poter conseguire la gioia dei veri beni e desideravano di essere liberati dai pericoli di questa vita. Dotati del dono del consiglio, erano da questo resi misericordiosi e, perdonando le ingiurie ricevute, procuravano ai propri offensori tutto il bene che potevano da Dio e dagli uomini. Era dentro di loro anche il dono dell'intelletto, e per esso erano adorni della purezza di anima e di corpo, e per conseguenza potevano, con occhio purificato, contemplare le cose del cielo. Li rendeva infine perfetti il dono della sapienza, per il quale, resi pacifici, non resistevano più allo Spirito con istinti cattivi, ma in ogni cosa, con sentimenti di carità, godevano di obbedire a Dio.48
      Essendo dunque così ricchi dei doni dello Spirito Santo, che c'è da meravigliarsi se molti, attratti dal profumo di tali doni, si decidevano ad abitar con loro spiritualmente e materialmente e a non abbandonar mai la loro compagnia?

48

      Venivano dunque a loro molti uomini da ogni luogo e per amore della patria del cielo desideravano con loro associarsi, e siccome gli stessi gloriosi nostri Padri comprendevano da molti segni che dopo la loro unione il Signore aveva preso cura di loro ed eran certi che tutte le cose accadevano loro per divina disposizione, pensarono che anche questo fermo proposito di quelli che desideravano di associarsi con loro nella penitenza, veniva da ispirazione del Signore. In seguito a ciò cominciarono a considerare di esser stati riuniti insieme per misteriosa opera della nostra Signora e di esser stati spinti da una divina ispirazione ad abitare insieme su un monte così adatto e conveniente alla loro penitenza, non solo per acquistare e conservare la propria santità, ma anche perché, aggregandosi altri desiderosi di compiere simili opere di bene, potessero accrescere il nuovo Ordine, iniziato dalla nostra Signora per mezzo loro, e potessero con le loro parole e il loro esempio e con quello dei frati che avrebbero dovuto in seguito succeder loro nell'Ordine, trarre molti dall'errore e condurli allo stato di perfezione. Così portandoli alla conoscenza e all'amor di Dio li avrebbero indirizzati al possesso della patria celeste.
      Pertanto, sebbene non potessero lasciare senza loro gran rincrescimento le ricchezze della contemplazione per attendere alla cura degli altri, tuttavia, per il fatto che anelavano di compiere in tutto la volontà di Dio, e ben sapevano che quanto sopra si è detto era sua volontà, si disposero ad associarsi quali confratelli quelli che loro risultavano fondati nel timor di Dio, e perciò fin da quel tempo ne accettarono alcuni.

49

      Siccome ritenevano giusto che la località di monte Sonaio non dovesse mai esser lasciata né da loro, né dai frati che in seguito sarebbero loro succeduti, e questo per riverenza verso Dio che lo aveva loro preparato, e d'altra parte constatando che quel luogo non era più sufficiente per loro e per i frati che già avevano accettato nella comunità e per quelli che avrebbero accettato in seguito, furono costretti ad acquistare altri luoghi, nei quali poter abitare con i loro confratelli presenti e futuri, e così attendere alla salvezza delle anime.
      Quando dunque questi uomini gloriosi, primi nostri Padri, discendendo dal monte della mondana superbia e desiderando restare uniti al Signore, furono giunti all'umiltà, che è il fondamento di ogni virtù, e sopra questo fondamento dell'umiltà ebbero costruito l'edificio delle virtù ed ebbero infine raggiunto la carità, che di tutte le virtù è il culmine — provvedendo così, con l'aiuto del Signore, al proprio bene e alla propria santificazione —, volendo in tutto compiere la volontà di Dio, ricevettero nella loro comunità molti confratelli e soci, a loro e al Signore bene accetti, e di conseguenza in quel tempo per ispirazione del Signore acquistarono molti luoghi adatti alla loro penitenza.

Capitolo Tredicesimo
Come la nostra Signora mostrò in visione al beato Pietro martire l'abito e la regola che doveva dare ai nostri frati

50

      Nel frattempo, quando i gloriosi nostri Padri avevano già ricevuto nella loro comunità molti frati e inoltre principiavano ad abitare in molti luoghi già da loro acquistati, giacché si avvicinava il tempo in cui la lucerna preparata per il nostro Ordine, cioè il beato Filippo, lo doveva illuminare, entrando in esso, con la sua presenza, non essendo ancora completata la casa, cioè il detto Ordine, dove metterlo sul suo candelabro (infatti i nostri frati non avevano ancora un abito determinato che dovessero rivestir sempre senza cambiarlo, né possedevano una regola secondo la quale dovessero in seguito vivere), mandò Dio il suo servo, cioè il beato Pietro martire dell'Ordine dei Predicatori, perché informandoli li assicurasse circa l'abito che dovevano immutabilmente rivestire e la regola che dovevano in futuro professare e conforme ad essa vivere.

51

      L'anno del Signore 1244, al tempo del papa Innocenzo IV, il beato Pietro martire, essendo stato mandato dallo stesso pontefice a predicare contro gli eretici che in quel tempo fiorivano in particolar modo in Italia e insorgevano pubblicamente predicando contro il domma cattolico, giunse finalmente a Firenze per compiere la sua missione.
      Ora, mentre il beato Pietro era a Firenze e rivolgeva tutte le sue prediche e dispute all'estirpazione delle eresie e a provare la verità della fede (e di fatto, operando in lui lo Spirito Santo e ponendo sulla sua bocca parole di verità, confutava gli eretici, estirpava completamente le eresie e confermava la verità cristiana), i detti gloriosi uomini, nostri frati, frequentando continuamente le sue prediche e perciò notando in lui il fervore dello Spirito Santo, si accesero talmente di amore verso di lui che, venendolo a conoscere e stringendo con lui una cordiale amicizia, lo presero come loro speciale padre e signore e particolare consigliere della salvezza delle proprie anime.
      Egli poi, informatosi minutamente della loro vita e saputo tutto quello che era loro accaduto dopo la loro effettiva unione, si convinse della loro perfezione e religiosa santità, come colui che nelle confessioni conosceva le loro coscienze, e spesso visitandoli nel loro luogo, vedendo come abitavano con ogni pace e concordia e perseveravano nel timor di Dio e come la loro vita fosse conforme ai loro costumi,49 li adottò come figli spirituali.

52

      E siccome le cose loro accadute in precedenza e che egli ben conosceva, come anche la loro presente santità che egli vedeva, gli davano la speranza che per mezzo loro ne sarebbe venuto non poco onore a Dio e una grande utilità al mondo, e d'altra parte constatando che non avevano alcun abito particolare fisso da portare né alcuna regola da osservare, sebbene il nome con il quale il nostro Ordine si distingue lo avessero già fino dal principio della loro effettiva unione, com'era provato dalla voce comune del popolo, per la grande devozione che aveva verso di loro volle occuparsene con speciale cura. Pregando perciò con molta devozione Dio e la nostra Signora, in relazione all'abito, alla regola e al nome, in particolare rivolgeva a lei le sue preghiere, chiedendole che gli manifestasse con qualche segno, per amore del Figlio suo, se i detti uomini, frati nostri, dei quali per suo amore si era presa cura singolare, avesse realmente scelti, tra tutti gli uomini del mondo, al suo speciale servizio,50 come dimostrava il nome a loro dato dal popolo, e se avesse stabilito di dare origine per mezzo di essi a un Ordine specialmente dedicato a sé e a suo onore e gloria. Gli rivelasse perciò l'abito che dovevano rivestire, la regola che dovevano osservare, e indicasse il nome col quale da allora in poi avrebbero dovuto chiamarsi.
      Avvenne allora che, mentre il beato Pietro martire perseverava nella preghiera e continuamente versava lacrime per ottenere tale rivelazione dalla nostra Signora, e mentre anche i gloriosi primi nostri Padri, con gli altri frati che avevano accolto, continuamente pregavano, come era stato loro comandato dal beato Pietro, nel digiuno e nelle opere sante allo stesso scopo, la gloriosa Vergine Maria, così devotamente invocata, apparve in visione al beato Pietro e lo rassicurò di tutto.
      Annunziò infatti che questi uomini e quelli che dopo di loro si sarebbero uniti alla loro comunità, ella li aveva scelti tra tutti gli altri del mondo al suo particolare servizio e aveva particolarmente ottenuto dal suo Figlio che da loro avesse principio un Ordine che doveva organizzarsi a suo onore e gloria ed esser dedicato al suo nome. Dichiarò inoltre che quest'abito che ora rivestivano i frati del nostro Ordine lo avrebbero dovuto in seguito indossare sempre per manifestare l'umiltà della stessa Vergine Maria e per chiaramente significare il dolore che essa soffrì nell'amarissima passione del Figlio suo; e finalmente rivelò che doveva esser ad essi assegnata la regola di sant'Agostino, conforme alla quale avrebbero dovuto vivere.

53

      Risvegliatosi dunque dal sonno il beato Pietro martire, uomo tutto di Dio e della nostra Signora, e vedendo di esser stato rassicurato in visione dalla stessa nostra Signora di tutto ciò che egli chiedeva, in una devotissima preghiera a Dio e a lei rese infinite grazie per sì grande beneficio, e alzatosi al mattino celebrò con molta devozione la Messa di nostra Signora in ringraziamento.
      Celebrata dunque con grandissima gioia la Messa, si recò con un socio per compagno al nostro luogo che ora abbiamo in Firenze, e raccolti insieme i nostri frati nella casa che allora avevano, raccontò loro la detta visione di nostra Signora sopra il futuro stato dell'Ordine, e indicò l'abito che in seguito dovevano indossare e la regola che dovevano osservare; rivelò infine che il nome particolare che avevano, per il quale si chiamavano Servi della Vergine Maria, era venuto inizialmente dalla stessa nostra Signora, e confermò perciò, con l'autorità di lei, che essi dovevano immutabilmente conservarlo.
      E così l'uomo di Dio, esortandoli a rendere a nostra Signora le dovute grazie per sì grande beneficio e raccomandandosi alle loro preghiere, se ne tornò col socio al suo luogo.

Capitolo Quattordicesimo
Dell'ingresso del beato Filippo nell'Ordine e del progresso dell'Ordine dopo il suo ingresso

54

      Siccome il beato Pietro martire non era stato mandato soltanto al popolo fiorentino, ma anche per la missione a lui imposta doveva evangelizzare le altre città d'Italia, dopo che per virtù del divino Spirito che operava in lui ebbe completamente estirpata l'eresia in Firenze, partì per Milano. Qui predicando a lungo la parola di Dio e comprovando le sue parole di verità con molti prodigi e miracoli, e con ciò apertamente confutando gli eretici, finalmente, combattendo la sua santa battaglia come un regolare soldato di Cristo e molto nobilmente terminando il corso dell'ufficio intrapreso, egli che di tutto cuore tributava sempre onore a Dio e manteneva la sua fede verso di lui, passò felicemente al Signore a ricevere la corona di giustizia 51 con la palma del martirio. Morì dunque il venerabile beato Pietro martire l'anno del Signore 1251, anno primo del pontificato di papa Alessandro. Come poi egli visse nel suo Ordine e come il Signore operò vari miracoli alla sua morte e dopo la sua morte, a manifestazione della sua santità e a conferma della verità che predicava, e ancora dove riposò dopo il suo transito, di tutte queste cose troverai la piena verità nella sua “Legenda”.

55

      Ricevuta la regola, professando la quale e conforme ad essa i frati del nostro Ordine avrebbero dovuto in seguito vivere, e rivestito l'abito che all'Ordine nostro non sarebbe poi stato lecito lasciare, e anche conservato il nome che fin da principio avevano preso per volontà della nostra Signora, la casa del nostro Ordine era già preparata a ricevere la lucerna che Dio le provvedeva.
      E così, per virtù di quella luce che crescendo si manifestava dinanzi a Dio e agli uomini, avendo quella medesima lucerna, cioè il beato Filippo, raggiunta l'età di ventun anni, quanti ne avevano già trascorso al servizio del Signore i nostri gloriosi Padri dalla loro prima unione, l'anno della nascita del Signore 1254, primo del pontificato del papa Alessandro IV, lo stesso beato Filippo di gran cuore e con incredibile umiltà entrò nel nostro ordine, come esporremo, se il Signore ce lo concederà, nella sua “Legenda”.

Capitolo Decimoquinto
Come, dopo l'ingresso nell'Ordine del beato Filippo, furono successivamente acquistati i privilegi dell'Ordine, e della concorde elezione di lui al generalato

56

      Ma poiché la stessa nostra Signora, come già dicemmo, al tempo della nascita del beato Filippo, nella medesima provincia e città dove egli nacque, volle riunire i nostri gloriosi Padri per dare origine, con la loro unione, a un nuovo istituto religioso, e ciò perché lo stesso beato Filippo, giunto all'età perfetta, posto sul candelabro di esso, lo illuminasse con la parola e con l'esempio e lasciasse ai frati del nostro Ordine il modello e la regola di come avrebbero dovuto servire la nostra Signora, così, perché a tutti fosse noto che dalla virtù del beato Filippo dipendeva il progresso del nostro Ordine, nel tempo medesimo in cui egli entrò nell'Ordine i nostri frati cominciarono a ricevere vantaggi per l'Ordine stesso.
      Infatti, subito dopo il suo ingresso, animati dalla virtù del beato Filippo, si recarono alla Curia romana, che in quel tempo era a Napoli, presso il suddetto papa Alessandro IV, in quello stesso anno, cioè il primo del suo pontificato, e ottennero il primo privilegio dell'Ordine, che cioè in tutti i luoghi propri potessero edificare le case necessarie con l'oratorio e la campana e costruire un cimitero. Da ciò è da considerarsi diligentemente quanto bene procurarono all'Ordine le sue preghiere.
      Benché infatti prima del suo ingresso nella loro comunità i nostri frati possedessero moltissimi luoghi propri, però fino a quel tempo non avevano autorità di costruire l'oratorio con la campana e di creare un cimitero; e perciò, fino ad allora, benché con l'autorità dell'Ordinario diocesano costruissero altari per propria consolazione e nei luoghi di loro proprietà, non lo potevano però fare in virtù di un privilegio. Con quel privilegio invece ricevettero questa autorità non solo per i luoghi che già possedevano, ma anche per tutti quelli che in seguito avrebbero potuto acquistare nelle diverse parti del mondo.

57

      Siccome la luce non può per sua natura restare a lungo nascosta senza infine manifestare agli uomini la sua virtù, perciò quantunque il beato Filippo, desiderando che la sua scienza rimanesse nascosta, si facesse accettare nell'Ordine come laico e vivesse in tale stato quasi per quattro anni interi e da tutti fosse ritenuto soltanto un laico, finalmente fu dalla nostra Signora rivelata la sua sapienza nel modo che esporremo, concedendocelo la nostra Signora, nella sua “Legenda”.
      Nel tempo poi in cui fu rivelata la sua scienza, come egli cresceva dinanzi a Dio e agli uomini,52 così anche l'Ordine si vedeva, come avviene naturalmente, aumentare di bene in meglio. Andando pertanto i nostri frati alla Curia, che allora era in Anagni, presso lo stesso papa Alessandro, nel quarto anno del suo pontificato, cioè nel 1258, ottennero l'altro privilegio di poter accogliere per la sepoltura quelli che avessero scelto di essere sepolti nei luoghi nostri. Questo secondo privilegio, supponendo e confermando il primo, con cui fu per la prima volta concesso ai nostri frati di poter avere luoghi ecclesiastici, con oratorio, campana e cimitero, amplia la detta concessione anche in favore degli altri, e conferma che i nostri luoghi sono territori ecclesiastici.

58

      Provvide adunque la nostra Signora ai frati del nostro Ordine, per i meriti del beato Filippo, con il primo privilegio di poter costruire luoghi proprii, e con il secondo di poter ricevere per la sepoltura coloro che sceglievano di essere sepolti presso di loro.
      I nostri frati non avevano però ancora l'autorità apostolica di poter convocare il capitolo generale e di eleggersi il priore generale, benché, quando era necessario, fin dal tempo in cui avevano ricevuto dalla nostra Signora l'abito e la regola per mezzo del beato Pietro martire, essi riunissero capitoli e in essi, per una certa semplicità e ignoranza del diritto, eleggessero il priore generale e subito si recassero alla Curia per la conferma dell'elezione. Ma avvicinandosi il tempo in cui la nostra Signora voleva mettere sul candelabro dell'Ordine il beato Filippo, perché al tempo della sua elezione i frati possedessero l'autorità apostolica di celebrare il capitolo generale e di eleggere in esso un generale che potesse reggere i frati del nostro Ordine ed esercitare le altre mansioni inerenti al suo ufficio, nel tempo in cui il beato Filippo, benché esitante, fu promosso all'ordine sacerdotale, anche nostra Signora per i meriti dello stesso beato Filippo procurò all'Ordine una nuova grazia più grande delle precedenti.

59

      Nell'anno dunque 1263, secondo del pontificato di papa Urbano IV, essendo stato ordinato sacerdote il beato Filippo ed essendo stato eletto dai frati del capitolo generale come priore generale fra Giacomo da Siena, questi si affrettò a recarsi alla Curia, con alcuni frati del suo Ordine, per la conferma.
      Era in quel tempo protettore dell'Ordine il cardinale Ottobuono, genovese, del titolo di sant'Adriano, il quale, sapendo che i nostri frati non avevano alcun privilegio per riunire il capitolo ed eleggere il priore generale, ma vedendo d'altra parte che erano uomini di gran santità, ispirato dalla nostra Signora e per i meriti del beato Filippo, decise di richiedere subito al sommo Pontefice un tale privilegio per il nostro Ordine.
      Quando dunque i nostri frati si presentarono in concistoro, genuflessi davanti al sommo Pontefice e ai cardinali, per impetrare un tale privilegio, supplicando il signor cardinale Ottobuono con viva insistenza il sommo Pontefice per ottenere un tale privilegio, il papa rispose che concedere un tale privilegio era lo stesso che approvare un Ordine nuovo. Allora il cardinale Ottobuono che aveva ascoltato tutto ciò, così rispose al sommo Pontefice: «Sotto la mia responsabilità, signore, concedete questo privilegio a questi frati, perché sono degni di ottenerlo dalla vostra benevolenza per la loro santità che io conosco». E poiché, levandosi in piedi tutti i cardinali supplicavano anche loro il sommo Pontefice per amore della nostra Signora e del reverendo cardinale Ottobuono per ottenere tale privilegio, il sommo Pontefice rispose: «Giacché il signor cardinale Ottobuono dà testimonianza così sicura della santità di questi frati, io, per amore della Vergine Maria, di cui popolarmente sono chiamati Servi, voglio far loro questa grazia».
      Perciò, dopo aver approvato la loro domanda, per maggiore certezza della grazia concessa, prima che i nostri frati uscissero dal cospetto del Pontefice e dei signori cardinali, dallo stesso papa Urbano fu subito confermato generale il detto fra Giacomo da Siena, ottenendo così per primo la grazia singolare di essere il primo priore generale confermato dal sommo Pontefice.

60

      Lo stesso cardinale Ottobuono, per aver ottenuta con le sue preghiere la sopraddetta grazia e privilegio, ne ebbe, ancora vivente, questo premio dal Signore. Infatti, tre anni dopo averlo ottenuto, cioè nell'anno del Signore 1266, morto il papa Urbano IV, concordemente da tutti i cardinali fu eletto pontefice e si chiamò Adriano V. Perché tuttavia la malizia non ne mutasse i sentimenti e l'inganno non ne traviasse l'animo,53 se fosse rimasto molto tempo in tale dignità, il Signore pose una fine opportuna al tempo della sua vita e perciò fu papa un solo mese, passando al Signore a ricevere per il detto privilegio un altro eterno privilegio per le sue buone opere.

61

      Dopo di aver ottenuto il detto privilegio, il ricordato fra Giacomo da Siena resse l'Ordine per due anni con ogni rettitudine. Dopo di lui fu eletto fra Manetto da Firenze, un uomo di gran santità e devozione, di bell'aspetto e di natura delicata, l'anno cioè del Signore 1265, primo del pontificato del papa Clemente IV e, per essere confermato, si recò alla Curia, che si trovava allora a Perugia.
      Anche fra Manetto resse l'Ordine, con ogni santità di costumi, per due anni; poi, essendosi egli dimesso dall'ufficio, fu da tutti concordemente eletto il beato Filippo come priore generale del nostro Ordine.
      Perciò l'anno del Signore 1267, terzo del pontificato di papa Clemente IV, il beato Filippo eletto priore generale del nostro Ordine si recò per la sua conferma alla Curia, che era allora in Orvieto, e dallo stesso papa Clemente fu onorevolmente confermato.
      Come il beato Filippo fu eletto e come, dopo la sua conferma, resse l'Ordine e per quanto tempo e finalmente come passò al Signore, lo esporremo subito, se la nostra Signora vorrà, nella sua “Legenda”, che con l'aiuto di Dio desideriamo comporre.

62

      A lode dunque della beata e gloriosa Vergine Maria è ora chiaro come ebbe principio il nostro Ordine, e come si sviluppò, fino a quando fu eletto a reggerlo il beato Filippo.
      Avendo ora completato tutto questo, a lode e onore della stessa Vergine Maria, con l'aiuto di lei prendiamo a esporre, come abbiamo promesso, la vita del beato Filippo.54


A lode della Vergine Maria termina la “Legenda” dell'origine dell'Ordine dei frati Servi della Vergine Maria.

Deo gratias. Amen!